Plastica invisibile: dove si nasconde nelle nostre abitudini e come possiamo ridurla

Giulia Tripaldi
September 4, 2025
5 min read

Quando pensiamo alla plastica, la nostra mente corre subito alle bottiglie vuote abbandonate in spiaggia, ai sacchetti che galleggiano nei fiumi o agli imballaggi che riempiono la spesa settimanale. Ma la verità è che esiste un’altra forma di plastica, meno visibile e molto più insidiosa, che attraversa silenziosamente la nostra vita quotidiana: le microplastiche. Minuscole particelle, spesso invisibili a occhio nudo, che finiscono nell’aria che respiriamo, nell’acqua che beviamo e perfino nel cibo che mettiamo in tavola.

Negli ultimi anni la ricerca ha acceso i riflettori su questo fenomeno nascosto. Studi recenti hanno rilevato microplastiche persino nella placenta umana, nel sangue e nei polmoni, a dimostrazione di quanto queste particelle abbiano ormai invaso ogni ecosistema. Eppure, accanto alla consapevolezza, stanno nascendo innovazioni e pratiche quotidiane che ci permettono di ridurre drasticamente la nostra esposizione e l’impatto sull’ambiente.

Su Abouthat abbiamo già raccontato del Seabin, il cestino marino capace di raccogliere plastica nei porti, e dei giganteschi cimiteri di pneumatici che soffocano territori lontani. Qui, invece, ci muoviamo dentro le mura di casa, tra bagni, cucine e lavanderie, per scoprire dove si nasconde la plastica invisibile e come affrontarla con soluzioni concrete e nuove tecnologie.

Che cosa sono le microplastiche e perché sono un problema?

Le microplastiche sono frammenti di materiale plastico con dimensioni inferiori ai 5 millimetri. Possono nascere dalla degradazione di oggetti più grandi, come sacchetti, bottiglie o pneumatici, oppure essere prodotte direttamente in formato microscopico, ad esempio nei cosmetici e nei detergenti. La loro dimensione ridotta le rende quasi impossibili da filtrare negli impianti di depurazione tradizionali e permette loro di infiltrarsi ovunque: nell’acqua potabile, nel suolo agricolo, negli oceani e perfino nelle nuvole, trasportate dal vento.

Il problema non riguarda solo l’inquinamento ambientale. Queste particelle possono assorbire sostanze chimiche tossiche, veicolarle negli organismi viventi e accumularsi lungo la catena alimentare. In termini di salute, la ricerca è ancora in corso, ma le prime evidenze parlano di infiammazione, stress ossidativo e potenziali effetti sul sistema endocrino.

In altre parole, la plastica invisibile è già parte della nostra vita quotidiana. Il passo successivo è capire dove si nasconde.

Dove si nasconde la plastica invisibile nei cosmetici e nei prodotti per la cura personale?

Tra i luoghi più inaspettati in cui la plastica si annida troviamo i cosmetici. Per anni, esfolianti e detergenti hanno contenuto microsfere plastiche pensate per rendere più efficace la pulizia o dare consistenza al prodotto. Anche il make-up, come fondotinta e rossetti, può contenere polimeri sintetici che ne migliorano la tenuta o la texture.

L’Unione Europea ha iniziato a limitare l’uso delle microplastiche nei cosmetici, ma la transizione non è ancora completa. Alcuni marchi innovativi stanno puntando su alternative naturali, come polveri di gusci di frutta, sabbie minerali o cere vegetali. La svolta arriva soprattutto dal formato solido: shampoo e balsami compatti, deodoranti senza contenitori plastici, saponi artigianali confezionati in carta compostabile.

La differenza rispetto ai classici prodotti liquidi è enorme: non solo si riduce il packaging, ma spesso si evita proprio la presenza di microplastiche nella formula. In questo senso, scegliere un bagnoschiuma solido non è solo una questione estetica o di moda, ma un atto di sostenibilità quotidiana.

I detersivi e la sfida delle microplastiche domestiche

Un altro terreno insidioso è quello dei detersivi. Alcuni additivi usati per migliorare la viscosità, il colore o la stabilità del prodotto contengono polimeri sintetici che finiscono nello scarico ad ogni lavaggio. Qui si apre un capitolo interessante: negli ultimi anni sono nate startup che sperimentano detergenti in foglietti idrosolubili, in capsule biodegradabili o in polveri concentrate che eliminano del tutto l’imballaggio plastico e riducono i rilasci invisibili.

Anche su Abouthat, quando abbiamo parlato degli scarti dell’acqua del condizionatore, abbiamo mostrato come anche i dettagli più piccoli della vita domestica possano trasformarsi in un’occasione di sostenibilità. Lo stesso vale qui: ogni volta che scegliamo un detersivo senza plastica invisibile, stiamo cambiando l’impatto del nostro lavaggio quotidiano.

Le lavatrici e il problema delle fibre sintetiche

Forse il nemico più subdolo si nasconde nell’armadio. Ogni volta che laviamo un capo in poliestere, nylon o acrilico, migliaia di microfibre plastiche si staccano dal tessuto e finiscono negli scarichi. È stato stimato che un singolo lavaggio possa rilasciare fino a 700.000 fibre, una quantità impressionante che gli impianti di depurazione non riescono a trattenere del tutto.

Qui però la tecnologia offre una risposta: i filtri domestici per lavatrici. Alcune aziende hanno sviluppato dispositivi esterni che catturano fino al 90% delle microfibre, rendendo il bucato un atto molto più sostenibile. In parallelo, altri progetti lavorano sui tessuti stessi, cercando di ridurre la perdita di fibre con nuove tecniche di filatura o con materiali ibridi che uniscono performance e sostenibilità.

Questa è una rivoluzione silenziosa ma fondamentale: proteggere l’acqua dai nostri vestiti è forse uno degli atti più concreti di sostenibilità quotidiana che possiamo compiere senza stravolgere la nostra vita.

Come il packaging alimentare contribuisce alla plastica invisibile?

Il packaging alimentare è un altro grande generatore di microplastiche. Non solo attraverso le confezioni che si degradano, ma anche per il contatto diretto con il cibo. Alcuni studi hanno rilevato rilascio di particelle da contenitori in plastica durante il riscaldamento al microonde o la conservazione prolungata.

Le alternative esistono e stanno crescendo: packaging compostabili a base di amido di mais, alghe o cellulosa, rivestimenti naturali commestibili che proteggono frutta e verdura prolungandone la durata, o addirittura pellicole edibili che eliminano del tutto lo scarto. Queste innovazioni non sono più solo prototipi da laboratorio, ma stanno già entrando nel mercato, spinte da normative e da una crescente domanda dei consumatori.

Su Abouthat abbiamo già parlato di agricoltura biologica e delle sue implicazioni per il futuro del cibo. Parlare di packaging sostenibile significa guardare al passaggio successivo: non solo cosa mangiamo, ma come lo conserviamo e come lo portiamo a casa.

Quali progetti stanno affrontando il tema delle microplastiche a livello globale?

A livello internazionale, diversi progetti stanno cercando di affrontare la questione alla radice. In Europa, la strategia “Zero Pollution” mira a ridurre drasticamente il rilascio di microplastiche nell’ambiente entro il 2030, intervenendo sulle fonti principali: tessili, pneumatici, cosmetici e detergenti.

Nel frattempo, startup come PlanetCare sviluppano filtri domestici e industriali per lavatrici, mentre aziende come Notpla lavorano a imballaggi commestibili a base di alghe che eliminano del tutto la plastica. A questi si aggiungono campagne di citizen science, in cui cittadini e scuole raccolgono campioni di acqua e suolo per contribuire al monitoraggio delle microplastiche a livello locale.

Questi progetti mostrano che la soluzione non è un gesto eroico isolato, ma un mosaico di azioni distribuite, dalla ricerca alla produzione, fino alle scelte quotidiane.

Che ruolo hanno i cittadini nella lotta alla plastica invisibile?

La domanda più importante resta questa: cosa possiamo fare noi? La risposta sta nel riconoscere il potere delle piccole scelte quotidiane. Un cosmetico solido, un detersivo senza plastica, un filtro per la lavatrice o una confezione compostabile non cambiano il mondo da soli. Ma cambiano il mercato, orientano le aziende, spingono la politica ad accelerare le regolamentazioni.

La forza della sostenibilità quotidiana sta proprio qui: non è un peso, non è un obbligo, non è un sacrificio. È un modo per partecipare a una trasformazione collettiva che sta già accadendo. E più la plastica invisibile diventa visibile nelle nostre scelte, più sarà difficile per il sistema ignorarla.

Rendere visibile l’invisibile

La plastica invisibile è uno dei simboli del nostro tempo. Non la vediamo, ma è ovunque. Ci ricorda che la sostenibilità non è fatta solo di grandi opere, ma anche di dettagli che sembrano insignificanti e che invece sommano un impatto enorme.

Abbiamo già raccontato su Abouthat di grandi fenomeni globali come le discariche di pneumatici in Kuwait o gli strumenti tecnologici per pulire i mari. Oggi abbiamo visto che la sostenibilità comincia nei gesti più piccoli, dal bagno alla cucina. Ed è proprio in questo intreccio tra innovazione e quotidianità che possiamo scoprire un nuovo modo di vivere più leggero, più consapevole e più giusto, per noi e per il pianeta.

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Fonti

European Environment Agency — https://www.eea.europa.eu/themes/water/europes-seas-and-coasts/assessments/marine-litterwatch/microplastics-in-the-environment
European Commission, Zero Pollution Action Plan — https://environment.ec.europa.eu/strategy/zero-pollution-action-plan_en
United Nations Environment Programme (UNEP), Plastic Pollution Report — https://www.unep.org/resources/report/plastic-pollution
PlanetCare, Microfibre Filters — https://planetcare.org/
Notpla, Packaging made from seaweed — https://www.notpla.com/
European Chemicals Agency (ECHA), Restrictions on Microplastics — https://echa.europa.eu/hot-topics/microplastics
World Health Organization, Microplastics in Drinking Water — https://www.who.int/publications/i/item/9789241516198

Giulia Tripaldi
September 4, 2025
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