C’è un nemico silenzioso che si insinua nelle nostre vite ogni giorno. Non lo vediamo, non lo tocchiamo, eppure è ovunque: nell’aria che respiriamo, nei vestiti che indossiamo, nel cibo che mangiamo e persino nei prodotti che usiamo per prenderci cura di noi stessi. Parliamo delle microplastiche: piccole, anzi piccolissime particelle di plastica che stanno lentamente contaminando il nostro mondo… e il nostro corpo.
Il termine “microplastiche” si riferisce a frammenti di plastica più piccoli di 5 millimetri. Possono avere origine diretta, cioè essere prodotte già in questa forma minuscola (come accade, ad esempio, nei glitter cosmetici o nei granuli esfolianti di certi scrub), oppure derivare dalla frammentazione di oggetti più grandi: bottiglie, sacchetti, reti da pesca, fibre sintetiche. Quando questi si degradano, rilasciano particelle che finiscono ovunque, senza che ce ne accorgiamo.
Negli ultimi anni la loro presenza è stata documentata nei mari, nei fiumi, nei ghiacciai, nell’acqua potabile, nel sale, negli alimenti, nel miele e perfino nel nostro sangue. Un’invasione silenziosa che non conosce confini e che spesso continua a sfuggirci, proprio perché invisibile.
Molte persone associano le microplastiche all’inquinamento degli oceani o alle bottiglie abbandonate sulle spiagge. Ma la verità è che le incontriamo molto più spesso, anche nella nostra routine quotidiana. Prendiamo ad esempio i cosmetici. Fino a pochi anni fa, tantissimi prodotti per la cura della persona – dai dentifrici agli scrub, dagli shampoo ai trucchi glitterati– contenevano micro granuli in plastica che avevano la funzione di esfoliare, illuminare, dare colore o consistenza. Una crema per il viso poteva sembrare innocua, ma nel momento in cui veniva risciacquata, i suoi residui finivano nello scarico, quindi nei fiumi, e infine in mare.
La stessa cosa accade con i tessuti sintetici: ogni volta che laviamo un pile, un leggings o una maglietta in poliestere, rilasciamo migliaia di microfibre nell’acqua. E ancora: le microplastiche vengono rilasciate dai pneumatici mentre viaggiamo, dalle vernici industriali, dagli imballaggi alimentari e persino dalla polvere domestica, che può contenere frammenti invisibili di plastica derivanti da tende, tappeti, divani o oggetti che si deteriorano col tempo.
Insomma, l’esposizione è continua e spesso sottovalutata. Mentre continuiamo a parlare (giustamente) delle bottiglie abbandonate, stiamo dimenticando che il pericolo più grande è quello che non vediamo.
Sappiamo ormai con certezza che gli animali marini ingeriscono le microplastiche, con conseguenze spesso letali. Ma cosa succede quando siamo noi a ingerirle? È questo l’aspetto più inquietante: recenti studi hanno trovato particelle di plastica nei tessuti umani, nei polmoni, nel sangue e persino nella placenta.
Gli effetti a lungo termine sulla salute sono ancora poco chiari, ma si teme che queste particelle possano avere un impatto sul sistema immunitario, sul metabolismo, e possano veicolare sostanze chimiche tossiche(come ftalati, metalli pesanti o ritardanti di fiamma) all’interno del nostro organismo. È un tema su cui la ricerca si sta muovendo rapidamente, ma una cosa è certa: la plastica non è fatta per stare dentro di noi.
Nel 2023, la Commissione Europea ha approvato un importante regolamento che segna una svolta storica. È stato infatti vietato l’utilizzo di microplastiche “aggiunte intenzionalmente” in una lunga serie di prodotti dilargo consumo. Il provvedimento, parte della strategia europea per ridurre l’inquinamento da plastica, prevede l’eliminazione progressiva di queste sostanze da cosmetici, detergenti, fertilizzanti, prodotti per la pulizia industriale, giochi per bambini e molto altro.
Questo significa che molti articoli che un tempo contenevano plastica sotto forma di granuli o glitter stanno già cambiando formulazione, anche se pochi consumatori lo sanno. Ecco un dato interessante: a partire da ottobre 2023, i glitter in plastica sono stati vietati in tutta l’UE, e molti brand hanno dovuto correre ai ripari. Alcuni si sono reinventati, utilizzando alternative biodegradabili come mica o cellulosa, mentre altri –incapaci di adeguarsi – sono semplicemente scomparsi dal mercato.
Nel mondo dell’estetica, questa rivoluzione è già iniziata da tempo. Sempre più aziende propongono smalti e prodotti per le unghie con etichette come “3-Free”, “5-Free” o addirittura “10-Free”. Ma cosa significa?
Un cosmetico “3-Free” è privo di tre ingredienti noti per essere potenzialmente tossici o dannosi per l’ambiente: formaldeide, toluene e DBP (dibutilftalato). Salendo di numero, si aggiungono sostanze come canfora, parabeni, xylene, fragranze sintetiche e appunto microplastiche o glitter non biodegradabili.
Marchi come Zoya, Kure Bazaar, Nailberry, Ella+Mila oBenecos stanno conquistando quote di mercato con formulazioni più pulite e sostenibili. Al contrario, brand noti un tempo per i loro smalti ultra-brillanti e pieni di glitter plastici (come alcune linee di Claire’s o Essence) sono stati costretti a riformulare o ritirare alcuni prodotti inadeguati alle nuove norme.
La verità più sorprendente è che questo cambiamento è già in atto. Andiamo dall’estetista, ci facciamo fare le unghie o compriamo una crema nuova, e magari non ci accorgiamo nemmeno che dentro quel flacone non ci sono più plastica, glitter o sostanze tossiche che fino a poco tempo fa erano la norma. Eppure, qualcosa si sta muovendo. Lentamente ma con decisione, l’industria cosmetica e della cura personale sta cambiando direzione.
Questa trasformazione silenziosa non è solo una buona notizia per l’ambiente: è anche una piccola rivoluzione nella nostra quotidianità. Non ci serve essere attivisti o esperti per contribuire: a volte basta scegliere un prodotto più consapevole, leggere un’etichetta in più o semplicemente porre una domanda in più in profumeria.
Le microplastiche sono ovunque, è vero. Ma proprio perché sono invisibili, la nostra attenzione diventa la prima forma di resistenza.