Il tema della caccia in Italia continua a far discutere, e non è un caso. La legge quadro 157/92 è stata per oltre trent’anni il riferimento normativo, ma i cambiamenti ambientali, sociali e politici hanno reso sempre più evidente la necessità di rivederla. Negli ultimi mesi, il DDL Caccia 2025 ha acceso un dibattito intenso tra chi lo considera un passo verso la modernizzazione e chi, al contrario, teme un arretramento nella tutela della fauna selvatica.
Dopo aver analizzato il testo di base e la successiva approvazione della Legge Montagna, è arrivato il momento di capire come questi due percorsi legislativi si intrecciano e che cosa è successo con i più di 2.000 emendamenti presentati al Senato. Questo aggiornamento vuole fare chiarezza, senza entrare in polemiche sterili, ma offrendo un quadro chiaro per orientarsi tra le novità.
La Legge Montagna 2025 non nasce come norma venatoria, ma come legge dedicata allo sviluppo e alla tutela delle aree montane. All’interno del suo testo, però, è stato inserito un articolo che riguarda direttamente la caccia e che ha avuto un impatto notevole: quello sui valichi montani.
Fino a pochi mesi fa, la legge 157/92 vietava la caccia entro un chilometro da qualsiasi valico montano utilizzato come rotta di migrazione per gli uccelli. Questo divieto era assoluto, pensato per proteggere gli stormi nei punti più delicati del loro viaggio. Con la Legge Montagna, questo meccanismo è cambiato: non tutti i valichi sono automaticamente interdetti, ma solo quelli che soddisfano criteri specifici, come la rilevanza delle migrazioni e la presenza di restringimenti orografici che obbligano il passaggio degli uccelli.
Spetterà ora ai Ministeri competenti individuare entro sei mesi i valichi da proteggere, elaborando una mappa ufficiale. Nel frattempo, alcune Regioni si sono già mosse: la Lombardia, ad esempio, ha approvato una delibera che individua 23 valichi soggetti a limitazioni, riducendo di molto l’estensione dei divieti rispetto al passato.
Il tema dei valichi non è un dettaglio. Si tratta infatti di aree cruciali per l’avifauna migratoria, e la loro protezione è stata uno dei pilastri delle politiche di conservazione italiane. Eliminare il divieto assoluto significa affidarsi a un sistema più selettivo, che da un lato evita divieti generalizzati, dall’altro lascia spazio a margini interpretativi.
Gli ambientalisti temono che questo possa portare a una riduzione delle tutele effettive e a possibili conflitti con la Direttiva Uccelli europea, che prevede vincoli molto stringenti sulla protezione delle rotte migratorie. I cacciatori, invece, vedono in questa modifica un riequilibrio atteso da tempo, che permette di evitare divieti ritenuti eccessivi o non giustificati da dati scientifici.
Mentre la Legge Montagna è già in vigore, il DDL Caccia 2025 prosegue il suo iter parlamentare. Nelle Commissioni Agricoltura e Ambiente del Senato si è conclusa l’illustrazione di oltre 2.000 emendamenti: un numero enorme, che testimonia la portata politica e sociale del provvedimento.
Gli emendamenti toccano quasi ogni aspetto della legge:
Il passo successivo sarà il voto sugli emendamenti: un passaggio chiave, perché definirà il testo finale che approderà in Aula.
L’evoluzione della riforma ha polarizzato le opinioni. Da un lato, il mondo venatorio esprime soddisfazione per un provvedimento che considera un “aggiornamento necessario”. Dall’altro, più di cinquanta associazioni ambientaliste e animaliste hanno lanciato appelli, petizioni e mobilitazioni.
Secondo queste associazioni, la combinazione tra la Legge Montagna e le possibili aperture del DDL Caccia rappresenta un arretramento nella protezione della fauna e un rischio di infrazione a livello europeo. Le raccolte firme hanno già superato quota 85.000, segno di un’attenzione forte da parte dell’opinione pubblica.
Il dibattito non è quindi solo tecnico o legislativo, ma anche culturale: riguarda il rapporto tra uomo e natura, tra tradizione venatoria e tutela ambientale.
Tre elementi guideranno il futuro della riforma:
Ogni passaggio potrà generare nuove tensioni o ricorsi. Non è escluso che la questione finisca di nuovo davanti ai tribunali amministrativi o addirittura in sede europea, se ci saranno dubbi di compatibilità con le direttive comunitarie.
Il percorso della riforma è ancora in corso, ma già oggi possiamo dire che il DDL Caccia 2025 non è un semplice aggiornamento tecnico. È un passaggio che ridefinisce equilibri delicati tra attività venatoria, tutela ambientale e politiche europee.
La Legge Montagna ha mostrato una direzione chiara: meno divieti assoluti e più flessibilità. Resta ora da capire se questa stessa logica guiderà anche la riforma complessiva della legge 157/92, e se il risultato sarà percepito come un compromesso equilibrato o come una riduzione delle garanzie per la biodiversità.
I prossimi mesi saranno decisivi: decreti, emendamenti e delibere regionali determineranno se il DDL Caccia diventerà davvero la nuova cornice di riferimento per i prossimi decenni o se sarà solo l’inizio di una nuova stagione di conflitti politici e giuridici.
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