
La città brasiliana di Belém, nel cuore dell’Amazzonia, si prepara ad accogliere uno degli appuntamenti più cruciali dell’anno: la COP30, la Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico organizzata dalle Nazioni Unite. Dal 10 al 21 novembre 2025, leader politici, rappresentanti della società civile, imprese, ricercatori e attivisti si riuniranno per discutere del futuro climatico del pianeta.
Sarà una conferenza dal forte valore simbolico e politico, perché si terrà in una delle aree più delicate e decisive della Terra. L’Amazzonia è il polmone verde del mondo e, mai come oggi, è al centro di un equilibrio fragile che riguarda tutti. Per molti osservatori, questa edizione sarà “la COP della verità”, quella in cui la comunità internazionale dovrà trasformare anni di parole in decisioni concrete.
La sigla COP significa Conference of the Parties ed è il vertice annuale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Si tratta del principale spazio di negoziazione globale sui temi ambientali. È qui che, nel corso degli anni, sono stati siglati accordi che hanno segnato la storia della politica climatica internazionale, come l’Accordo di Kyoto nel 1997 e l’Accordo di Parigi nel 2015.
Ogni COP serve a stabilire nuovi obiettivi, misurare i progressi e definire strategie comuni per contenere l’aumento delle temperature globali. Quella di quest’anno avrà un peso particolare perché segna la fine di un ciclo e l’inizio di un altro. Gli Stati dovranno presentare nuovi piani nazionali più ambiziosi, coerenti con l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali.
Ospitare la COP nel cuore dell’Amazzonia è una scelta altamente simbolica. Questa foresta è uno dei principali sistemi naturali in grado di assorbire anidride carbonica e regolare il clima globale. Ma è anche una delle zone più vulnerabili: negli ultimi anni è stata colpita da deforestazione massiccia, incendi e sfruttamento intensivo delle risorse naturali.
La decisione di portare i negoziati internazionali proprio qui significa mettere l’Amazzonia al centro dell’agenda mondiale. Non si tratta solo di salvaguardare un ecosistema unico, ma anche di difendere la vita e i diritti di milioni di persone che lo abitano. Le comunità indigene, da anni, denunciano la distruzione del loro territorio e chiedono un’azione concreta. Alla COP30 queste voci saranno più centrali che mai.
Uno dei temi più rilevanti sarà quello dei biocarburanti sostenibili, considerati fondamentali per ridurre le emissioni nei settori più difficili da decarbonizzare, come l’aviazione e il trasporto marittimo. Attorno a questo argomento si concentrano aspettative altissime, sia dal punto di vista tecnologico sia politico.
Accanto all’energia, la conferenza affronterà questioni legate alla finanza climatica, ossia alle risorse economiche necessarie per sostenere i Paesi in via di sviluppo nella transizione ecologica. Si discuterà anche della protezione delle foreste e degli ecosistemi naturali, del monitoraggio delle emissioni globali e delle nuove tecnologie per la rimozione e lo stoccaggio della CO₂.
Un altro aspetto centrale sarà la giustizia climatica, un concetto che lega l’emergenza ambientale alle disuguaglianze sociali. Le comunità più vulnerabili, infatti, sono spesso quelle che pagano il prezzo più alto della crisi pur avendo contribuito meno alle emissioni globali.
Alla conferenza prenderanno parte rappresentanti di oltre 190 Paesi, organizzazioni internazionali e centinaia di realtà della società civile. Tra i leader già confermati c’è il Primo Ministro britannico Keir Starmer, che ha annunciato la volontà di riportare il Regno Unito in una posizione di guida nella lotta al cambiamento climatico.
Saranno presenti anche delegazioni dell’Unione Europea, della Banca Mondiale, dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili e di numerose ONG ambientali. Un ruolo determinante sarà giocato dai movimenti giovanili per il clima, la cui pressione ha già spinto in passato molti governi a prendere impegni più coraggiosi. La loro presenza servirà a mantenere alta l’attenzione e a ricordare che non si tratta solo di negoziazioni tecniche ma del futuro delle prossime generazioni.

Le decisioni prese a Belém avranno conseguenze molto concrete. Se i governi firmeranno nuovi accordi vincolanti, sarà necessario rivedere interi modelli produttivi, politiche energetiche e strategie economiche. La transizione ecologica non sarà più solo un tema da summit, ma una realtà con effetti tangibili su industrie, trasporti, agricoltura e vita quotidiana.
Un tema particolarmente delicato sarà quello dei finanziamenti. Da anni i Paesi più poveri chiedono a quelli più ricchi di rispettare l’impegno di 100 miliardi di dollari all’anno per sostenere la lotta ai cambiamenti climatici. Senza risorse adeguate, le promesse rischiano di restare sulla carta. La COP30 sarà il momento in cui capire se quella promessa verrà mantenuta oppure no.
L’Unione Europea si presenterà alla COP30 con l’obiettivo di rafforzare il Green Deal e di consolidare il proprio ruolo di guida nella transizione energetica. Bruxelles spingerà per una maggiore diffusione delle energie rinnovabili, per l’espansione dell’idrogeno verde e per nuove misure a tutela della biodiversità.
Anche per l’Italia la conferenza rappresenterà un passaggio importante. Il governo ha confermato l’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Tuttavia, rimangono aperte questioni significative, come la lentezza nell’installazione di impianti rinnovabili, la gestione dei fondi del PNRR e la necessità di rendere più efficiente la rete energetica nazionale. La posizione italiana sarà osservata con attenzione perché rifletterà quanto concretamente il Paese intenda investire nella transizione ecologica.
Spesso si pensa che le conferenze sul clima siano affari per governi e diplomatici. In realtà, la COP30 influenzerà direttamente la vita quotidiana di milioni di persone. Le decisioni prese avranno un impatto sulla qualità dell’aria, sui prezzi dell’energia, sulla gestione delle risorse naturali e sui modelli di mobilità urbana.
L’opinione pubblica è uno strumento di pressione fondamentale. Senza l’attenzione e la partecipazione dei cittadini, le negoziazioni rischiano di ridursi a compromessi minimi. Per questo ONG e media internazionali stanno preparando campagne di comunicazione per rendere la conferenza comprensibile a un pubblico ampio, spostando il dibattito dalle stanze dei negoziati alle piazze, alle scuole e alle piattaforme digitali.
La COP30 sarà un banco di prova per verificare se la comunità internazionale è davvero pronta a rispettare gli impegni presi dieci anni fa con l’Accordo di Parigi. Belém, con la sua foresta minacciata e il suo valore simbolico immenso, rappresenta un monito. Proteggere l’Amazzonia significa proteggere il pianeta intero.
Le settimane di novembre saranno decisive. Potrebbero segnare l’inizio di una nuova fase di cooperazione globale oppure trasformarsi nell’ennesima occasione mancata. Tutto dipenderà dalla volontà politica, dalla capacità di agire con coraggio e dalla pressione esercitata dalla società civile.