Ambiente: dalla Dichiarazione ai Fatti

Giulia Tripaldi
March 11, 2025
5 min read

C’era un tempo in cui l’ambiente non aveva voce nelle leggi fondamentali delle nazioni. Foreste abbattute, fiumi inquinati, cieli oscurati dallo smog: tutto veniva sacrificato sull’altare dello sviluppo, senza che vi fosse un riconoscimento formale della natura come bene da proteggere. Ma qualcosa è cambiato. Lentamente, la consapevolezza ha iniziato a farsi strada nei testi costituzionali, trasformando l’ambiente da semplice sfondo dell’attività umana a protagonista del diritto.

Oggi, sempre più paesi inseriscono nella loro Costituzione il dovere di tutelare l’ambiente, ma questo è sufficiente? La legge può davvero fermare la devastazione, o è solo il primo passo di un cammino più lungo e difficile?

Le costituzioni e l’ambiente: una storia di (lenta) consapevolezza

L’idea che l’ambiente sia un bene da tutelare a livello costituzionale è relativamente recente. Per secoli, il progresso è stato sinonimo di sfruttamento: più industrie, più città, più strade. Il diritto guardava alla proprietà, alla produzione, allo sviluppo economico. La natura? Un contorno, un serbatoio di risorse inesauribili.

Poi qualcosa è cambiato. Gli anni ‘60e ‘70 hanno visto nascere i primi movimenti ambientalisti, la scienza ha iniziato a dimostrare che l’impatto dell’uomo sul pianeta non era privo di conseguenze. Il disastro di Chernobyl, l’inquinamento atmosferico, la deforestazione dell’Amazzonia: il concetto di tutela ambientale è entrato nel dibattito pubblico e, di riflesso, nei testi legislativi.

Uno dei primi paesi a fare un passo radicale è stato l’Ecuador, che nel 2008 ha riconosciuto nella sua Costituzione i “diritti della natura”, sancendo che l’ambiente non è solo qualcosa da proteggere, ma un soggetto con diritti propri. Un salto concettuale enorme, ancora oggi un’eccezione.

In Europa, la tutela dell’ambiente ha trovato spazio in diverse Costituzioni, anche se con approcci più moderati. La Francia ha adottato nel 2005 la Carta dell’Ambiente, la Germania ha inserito la protezione della natura nella sua Legge Fondamentale già nel 1994, mentre i paesi scandinavi hanno da tempo adottato principi ecologici nel loro ordinamento. Ma scrivere belle parole nei testi di legge è solo un primo passo: senza politiche concrete, rischiano di restare lettera morta.

L’Italia e la (tardiva) svolta ambientale

Fino al 2022, la Costituzione italiana non menzionava esplicitamente l’ambiente. Un’assenza pesante, colmata con una riforma che ha modificato l’articolo 9, aggiungendo la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi tra i principi fondamentali della Repubblica.

Un cambiamento importante, certo. Ma basta scrivere una frase per risolvere la crisi climatica? L’Italia è un paese che vive di contraddizioni: da un lato, ha alcune delle leggi ambientali più avanzate d’Europa; dall’altro, continua a essere dipendente dai combustibili fossili, ha un problema cronico di gestione dei rifiuti e affronta ogni anno emergenze legate al dissesto idrogeologico.

La modifica dell’articolo 41ha aggiunto un ulteriore tassello, affermando che l’attività economica non può svolgersi a danno della salute e dell’ambiente. Un principio chiaro, che però si scontra con la realtà di un paese in cui la transizione ecologica è ancora un concetto più teorico che pratico.

Europa: tra ambizioni e ostacoli

A livello europeo, la tutela dell’ambiente è ormai un pilastro dell’azione politica. Il GreenDeal europeo punta a rendere il continente climaticamente neutro entro il 2050, le normative sulle emissioni sono sempre più severe, e la transizione energetica è al centro di molte politiche nazionali.

Ma non tutti i paesi remano nella stessa direzione. Alcuni stati dell’Est Europa, come Polonia e Ungheria, si sono spesso opposti a misure troppo stringenti, temendo ripercussioni economiche. L’industria dei combustibili fossili continua a esercitare pressioni per rallentare il cambiamento.

D’altra parte, alcuni paesi dimostrano che è possibile un vero cambiamento. La Finlandia ha lanciato strategie ambiziose per ridurre i rifiuti industriali, la Germania sta investendo miliardi nella transizione energetica, e la Francia punta sull’energia nucleare per abbattere le emissioni di CO₂. La strada è aperta, ma serve volontà politica.

Dalle parole ai fatti

Scrivere che l’ambiente è un bene da proteggere è facile. Renderlo una priorità assoluta nelle scelte politiche, economiche e sociali è tutta un’altra storia.

Le Costituzioni possono essere un punto di partenza, un segnale forte. Ma senza misure concrete –investimenti massicci in energie rinnovabili, sanzioni per chi inquina, incentivi per un’economia circolare – restano solo belle parole.

L’esempio dell’Ecuador dimostra che si può andare oltre la teoria: riconoscere i diritti della natura non è solo un gesto simbolico, ma un modo per creare strumenti giuridici di tutela reali. Allo stesso modo, l’Italia e il resto d’Europa devono passare dalle dichiarazioni ai fatti. Perché la crisi climatica non aspetta. E perché tra cento anni, nessuno si ricorderà degli articoli di legge, ma tutti vivranno le conseguenze delle nostre scelte.

Giulia Tripaldi
March 11, 2025
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