Immaginate un’operaio italiano in un’acciaieria del Nordest: ogni giorno affronta costi energetici altissimi, burocrazia infinita e concorrenza da mercati dove l’energia costa un terzo della sua. È questa storia quotidiana che racconta il motivo per cui l’Unione Europea ha lanciato il Clean Industrial Deal, una strategia audace che trasforma la sostenibilità in una leva per la competitività. Una narrazione che parte dal concreto per stimolare un pensiero critico su come far convivere ecosostenibilità e sviluppo industriale.
Il Clean Industrial Deal è la risposta concreta alla pressione su industrie europee – acciaio, chimica, metalli – costrette a competere globalmente con costi energetici elevati e normative complesse. Il piano, presentato dalla Commissione Europea a febbraio 2025, ambisce a trasformare la decarbonizzazione in un motore di crescita, non più un vincolo. L’idea è che un’industria più pulita non sia un peso, ma un volano per modernizzazione e leadership globale.
Il fulcro della strategia è il Affordable Energy Action Plan, pensato per ridurre i costi energetici delle aziende e delle famiglie. Prevede nuovi tariffari elettrici più flessibili, incentivi per i contratti rinnovabili a lungo termine e semplificazioni nelle autorizzazioni dei progetti puliti. Il piano mira anche a dissociare il prezzo al dettaglio dell’energia dal prezzo del gas fossile, introducendo contratti garantiti dalla Banca Europea per gli Investimenti già nel 2025. Parallelamente, entro il 2026 sono previste importanti novità normative per modernizzare le reti elettriche europee.
La proposta prevede una mobilitazione di oltre 100 miliardi di euro attraverso la creazione della Industrial Decarbonisation Bank, fondi provenienti dall’Innovation Fund, riforme del programma InvestEU e risorse ETS. Già nel 2025 circa 6 miliardi saranno stanziati per sostenere produzione pulita, idrogeno verde e batterie, attraverso aste e gare dedicate. L’obiettivo è sbloccare fino a 400 miliardi in investimenti privati e pubblici.
La Commissione intende rivoluzionare gli acquisti pubblici e privati introducendo criteri di preferenza europea, sostenibilità e resilienza. Obiettivo: favorire made in Europe pulito e competitivo. Entro il 2026 saranno rivisti i regolamenti di procurement con criteri ambientali e sociali integrati.
Il Clean Industrial Deal integra misure per aumentare l’uso integrato dei materiali e ridurre la dipendenza da fornitori esterni. È previsto un EU Critical Raw Material Centre in grado di aggregare domanda tra aziende, negoziare prezzi e garantire accesso stabile. Entro il 2026 sarà proposto un Circular Economy Act, che mira al 24% di materiali circolari sul totale entro il 2030. Inoltre, nuovi progetti strategici (IPCEI) saranno animati da una governance europea condivisa.
L’Unione rafforza la propria competitività anche attraverso Clean Trade and Investment Partnerships, nuovi accordi con partner commerciali strategici. Gli strumenti di difesa commerciale vengono potenziati, compreso il miglioramento del CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) per fare pagare un prezzo equo al carbonio emesso fuori dai confini UE. L’obiettivo è proteggere le imprese europee da concorrenza sleale.
Per garantire una transizione equa, il Clean Industrial Deal punta a creare lavori di qualità investendo nelle competenze richieste dalla nuova economia. Nasce un’Unione Europea delle Competenze, con Erasmus+ che finanzia programmi formativi (anche con 90 milioni di euro), orientati a tecnologia pulita, digitalizzazione e imprenditorialità verde. Questo meccanismo è pensato per sostenere milioni di lavoratori e favorire l’innovazione anche nelle PMI.
L’azione si pone l’ambizione di ridurre le emissioni industriali del 90% entro il 2040, sostenuta da misure come autorizzazioni accelerate, supporto alla cattura del carbonio e transizione energetica del settore pesante. Tuttavia, critici sottolineano come appoggi eccessivi alle tecnologie come la CCS (carbon capture and storage) rischino di prolungare la dipendenza dai combustibili fossili. Alcuni gruppi per l’ambiente avvertono il pericolo di ripetere errori del passato, se il piano privilegia questi approcci piuttosto che puntare su riduzione della domanda e efficienza.
Il Deal è l’evoluzione industriale del Green Deal Europeo, rafforzato da iniziative come REPowerEU che punta a raddoppiare fotovoltaico e idrogeno verde, e fissare obiettivi ancora più ambiziosi per il 2030. Le nuove azioni legislative su efficienza energetica degli edifici, regolamenti sui prodotti sostenibili e transizione circolare sono pilastri su cui il Clean Industrial Deal poggia per costruire una competitività pulita e resiliente.
Da un lato, il Clean Industrial Deal segna un punto di svolta: un’industria europea che punta alla decarbonizzazione con risorse e visione. Dall’altro, pone questioni critiche: le misure sono realistiche rispetto ai tempi stretti e ai divari di capacità tra Stati membri? E soprattutto: la sostenibilità diventata competitività sarà davvero inclusiva o rischierà di favorire i grandi player a discapito di PMI e regioni meno sviluppate?
In definitiva, il Clean Industrial Deal offre una visione potente: un ecosistema industriale dove sostenibilità e crescita si alimentano reciprocamente. Ma il suo successo dipenderà dalla governance efficace, dalla capacità di coinvolgere attori sociali e territoriali, e dalla controllata pressione pubblica e politica per mantenere alto l’obiettivo del clima senza sacrificare equità e resistenza economica.
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