Lisbona dice addio alle tazzine usa e getta: rivoluzione sostenibile o esperimento da laboratorio urbano?

Giulia Tripaldi
July 22, 2025
5 min read

Quanto può cambiare davvero una piccola tazzina?

Il 26 giugno 2025 Lisbona ha inaugurato il primo sistema cittadino europeo per la restituzione delle tazzine riutilizzabili, con l’obiettivo di ridurre drasticamente l’uso delle versioni monouso, particolarmente diffuse nei contesti urbani e notturni. Questo progetto, nato da una collaborazione tra il Comune di Lisbona, l’associazione nazionale AHRESP (Associação da Hotelaria, Restauração e Similares de Portugal) e l'azienda norvegese TOMRA, punta a offrire un'alternativa pratica, digitale e su larga scala all'usa e getta. Ma qual è il senso profondo di questo intervento, e cosa ci racconta sulla direzione che la politica ambientale urbana europea sta prendendo?

Quante tazzine si consumano ogni notte e perché è un problema?

Ogni sera, nei quartieri centrali di Lisbona come Bairro Alto o Cais do Sodré, vengono consumate circa 25.000 tazze di plastica o carta monouso. Il progetto pilota mira a sostituire questo flusso di rifiuti con un sistema a cauzione: il consumatore riceve la sua bevanda in una tazza riutilizzabile, lasciando una piccola cauzione (circa 0,50-0,60 euro), che può poi essere recuperata restituendo la tazza presso uno dei distributori automatici TOMRA installati nelle principali piazze del centro. La restituzione attiva il rimborso in modo digitale, tramite carta o smartphone. Le tazze raccolte vengono igienizzate centralmente e rimesse in circolazione.

Quali leggi hanno reso possibile questo sistema?

Questa iniziativa si inserisce in un contesto più ampio: già dal 2021, con il Decreto-Legge n.º 78/2021, il Portogallo aveva recepito la Direttiva UE 2019/904 sulla riduzione dell’impatto di determinati prodotti di plastica sull’ambiente. La normativa portoghese impone al settore della ristorazione l’obbligo di offrire alternative riutilizzabili per il consumo in loco e l’asporto, rafforzando così una visione normativa orientata alla circolarità dei materiali. A Lisbona, questa visione ha trovato applicazione concreta nel caso delle tazzine, con un'azione che unisce regolazione, innovazione tecnologica e collaborazione pubblico-privato.

Come si spingono le persone al cambiamento senza colpevolizzarle?

Guardare a questo esempio significa comprendere un nodo fondamentale della transizione ecologica: l’architettura dei comportamenti. Il sistema lisbonese punta non a colpevolizzare il cittadino, ma a rendere più semplice e immediatamente vantaggiosa una scelta sostenibile. In altre parole, cerca di spostare la responsabilità dal singolo alla struttura, ridefinendo le condizioni in cui il gesto quotidiano – bere un caffè o una birra – diventa occasione di impatto positivo. La cauzione, in questo contesto, non è una sanzione, ma uno stimolo comportamentale pensato con cura.

Lisbona è un modello replicabile in altre città europee?

C'è però una questione chiave: quanto è replicabile questo modello? Se guardiamo ad altre città europee, troviamo segnali simili, ma raramente così integrati. A Berlino, il sistema ReCup è attivo da anni, con una rete di tazze riutilizzabili in oltre 12.000 esercizi commerciali. Anche in Francia, la legge AGEC (anti-gaspillage pour une économie circulaire) ha imposto dal 2023 l'uso di contenitori riutilizzabili per il consumo in loco nelle catene di fast food. Tuttavia, il progetto di Lisbona rappresenta un passo ulteriore per l’ambizione urbana: non si limita a normare, ma costruisce l’infrastruttura necessaria a sostenere il comportamento desiderato.

Qual è l’impatto ambientale reale del riutilizzo?

In termini di impatto ambientale, la sostituzione delle tazze monouso è tutt’altro che marginale. Secondo dati della Commissione Europea, ogni anno nell'UE vengono consumati circa 16 miliardi di bicchieri e tazze di plastica monouso. La maggior parte di questi non viene riciclata, a causa della contaminazione con residui alimentari o della mancanza di sistemi di raccolta dedicati. L’impatto in termini di emissioni di CO2 e rifiuti dispersi nell’ambiente è significativo. Le tazze riutilizzabili, secondo uno studio condotto da Zero Waste Europe (2020), diventano più sostenibili già dopo 6-9 utilizzi, anche tenendo conto dei cicli di lavaggio.

La logistica può fare la differenza tra successo e fallimento?

La chiave, dunque, è la logistica del riutilizzo. Per funzionare davvero, un sistema come quello di Lisbona deve assicurare un ciclo chiuso efficiente: raccolta capillare, igienizzazione standardizzata, redistribuzione rapida. Qui emerge il valore dell’approccio integrato: senza un'infrastruttura tecnologica e una rete logistica centralizzata, il rischio è che l’alternativa riutilizzabile diventi più onerosa in termini ambientali, anziché meno. Ecco perché il coinvolgimento di TOMRA, azienda specializzata in sistemi di reverse vending, rappresenta un tassello decisivo.

Come si costruisce una cultura urbana del riuso?

Ma oltre alla tecnica, conta la cultura. L’adozione diffusa delle tazze riutilizzabili richiede anche una comunicazione pubblica chiara, non moralistica, che sappia raccontare il valore del gesto in termini collettivi. In questo senso, Lisbona ha affiancato alla fase pilota una campagna visiva nelle stazioni, nelle scuole e nei locali, con l'obiettivo di normalizzare il riuso come gesto urbano quotidiano. L’approccio non è basato sull’allarme, bensì sull’opportunità: si è trattato di "rendere facile ciò che è giusto", più che di imporre un dovere.

Chi sostiene i costi e cosa ne pensano gli esercenti?

L’impatto economico, infine, merita attenzione. I costi iniziali per gli esercenti sono stati contenuti grazie a un contributo del Comune e alla fornitura centralizzata delle tazze da parte del consorzio. Alcuni baristi hanno espresso perplessità sulla gestione pratica, ma i primi dati parlano di oltre il 70% di restituzioni nella prima settimana nei due punti di raccolta attivi, un dato che lascia intravedere una curva di apprendimento positiva.

Una politica ambientale può essere abilitante e non punitiva?

Il punto non è solo eliminare un rifiuto, ma progettare un sistema urbano che premia comportamenti virtuosi senza costringere. La strategia lisbonese può essere letta come un laboratorio: un tentativo concreto di transizione circolare nel quotidiano, che non si affida solo alle scelte individuali, ma crea le condizioni materiali e culturali perché quelle scelte siano possibili e convenienti.

Cosa ci insegna il caso Lisbona sulla politica ambientale urbana?

In definitiva, il caso di Lisbona ci offre uno spunto utile per ripensare le politiche ambientali non come imposizioni ma come politiche abilitanti. Ridurre l’uso delle tazze monouso non risolverà da solo l’emergenza climatica o quella dei rifiuti urbani, ma può rappresentare una leva concreta per immaginare città più coerenti con i principi della sostenibilità. Non è questione di piccoli gesti isolati, ma di progettare sistemi che moltiplichino quei gesti in modo sistemico. Ed è proprio in questa direzione che si misura oggi la qualità della politica ambientale.

Fonti:

Giulia Tripaldi
July 22, 2025
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