Un Green New Deal globale

Giulia Tripaldi
July 10, 2025
5 min read

Immaginare un mondo in cui economia, giustizia sociale e ambiente marciassero insieme sembrava un’utopia, almeno fino a pochi anni fa. Oggi invece è una sfida concreta, urgente e possibile. Questo è lo spirito del Green New Deal, un progetto che si ispira alle grandi trasformazioni del passato ma che guarda al futuro del pianeta con una proposta chiara: cambiare tutto, per non perdere tutto.

Oggi si parla di Green New Deal globale, perché le crisi ambientali, sociali ed economiche non hanno più confini. La questione climatica è diventata una battaglia universale. Le scelte energetiche, agricole, industriali, non sono più solo questioni tecniche: sono temi politici, etici, culturali. E riguardano ogni angolo del mondo, dal Nord al Sud del pianeta.

In India, ad esempio, si sperimentano nuove forme di agricoltura rigenerativa per combattere la desertificazione. In Africa, diversi paesi stanno investendo in energie solari decentralizzate per garantire accesso all’elettricità a milioni di persone. In Europa e negli Stati Uniti si discutono grandi piani di riconversione verde dell’economia. Tutto è collegato. E tutto può cambiare.

Chi fu il primo a parlare di sostenibilità?

Per comprendere davvero cosa sia oggi un Green New Deal, bisogna partire da un concetto che ne è alla base: la sostenibilità. È su questa parola, oggi molto usata ma spesso poco capita, che si fonda l’idea di un’economia e di una società capaci di durare nel tempo senza distruggere l’ambiente o escludere le persone.

Il termine entra ufficialmente nel dibattito globale nel 1987, con il celebre Rapporto Brundtland delle Nazioni Unite. In quel documento si parla per la prima volta di sviluppo sostenibile, cioè la capacità di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere quelli delle generazioni future. A guidare quel lavoro fu la politica norvegese Gro Harlem Brundtland, convinta che il benessere umano e la tutela del pianeta fossero due aspetti inseparabili.

Da quel momento, la sostenibilità è diventata il filo conduttore di tutte le grandi strategie ambientali, compreso il Green New Deal. Ma le sue radici, in realtà, sono ancora più profonde. Dalla crisi energetica degli anni ’70 ai primi allarmi ecologici, passando per movimenti e studi dimenticati, la storia della sostenibilità è lunga e affascinante.

Ne riparleremo in un articolo dedicato, perché per capire dove stiamo andando, è fondamentale sapere da dove arriva davvero questa idea.

Che cos’è il New Deal di Roosevelt?

Molto prima del concetto di sostenibilità, però, un altro evento segnò la storia. Nel 1933, in piena Grande Depressione, il presidente americano Franklin D. Roosevelt lanciò il New Deal: un insieme di politiche pubbliche per ricostruire l’economia, creare lavoro e modernizzare gli Stati Uniti. Fu una risposta drastica a una crisi senza precedenti. Tra le sue tante misure ci furono anche progetti per riforestare, costruire dighe e infrastrutture, proteggere il territorio.

È da lì che nasce l’ispirazione per il Green New Deal: la stessa visione di trasformazione radicale, ma applicata oggi alla crisi ecologica. Dove Roosevelt parlava di rilancio economico, oggi si parla anche di rigenerazione ambientale e sociale. Ma la logica è la stessa: mobilitare lo Stato e la collettività per uscire da un’emergenza con coraggio e innovazione.

Che cos’è il Green New Deal?

In realtà Roosevelt non parlò mai di “Green” New Deal. Questo termine nasce solo in tempi recenti, per indicare un nuovo tipo di intervento pubblico, questa volta centrato sulla transizione ecologica. Ma l’idea di fondo è simile: serve una svolta strutturale, un’azione collettiva, una nuova alleanza tra economia, ambiente e diritti sociali.

Oggi l’urgenza non è solo la ripresa economica, ma anche la salvezza del pianeta. Il cambiamento climatico non è più una previsione: è una realtà quotidiana. Eventi estremi, migrazioni ambientali, siccità, perdita di biodiversità: il Green New Deal si propone come una risposta sistemica a tutto questo, andando oltre le soluzioni parziali o temporanee.

Il pensiero di Jeremy Rifkin sulla Terra

Nel panorama degli intellettuali contemporanei, pochi hanno parlato con tanta chiarezza e anticipo di questi temi quanto Jeremy Rifkin. Secondo lui, l’umanità sta vivendo una trasformazione epocale: dobbiamo passare da un modello basato sullo sfruttamento delle risorse e dei combustibili fossili a una società fondata sulle energie rinnovabili, sull’economia circolare, su un nuovo rapporto con la natura.

Rifkin parla di un “cambio di civiltà”. E non si tratta solo di tecnologia, ma di valori, cultura, educazione. La nostra idea di progresso deve cambiare. O cambierà la Terra, senza di noi.

Il suo contributo ha influenzato piani strategici in Europa, in Cina e negli USA. Le sue idee dimostrano che la transizione verde non è solo necessaria, ma anche economicamente vantaggiosa se gestita con lungimiranza.

Cosa prevede il Green New Deal?

Il Green New Deal è una proposta complessa e articolata. Non si limita a dire “più pannelli solari”. Al contrario, propone un ripensamento generale del sistema. Prevede investimenti pubblici in energie pulite, infrastrutture moderne, trasporti a basso impatto, edilizia sostenibile. Propone una riconversione dell’agricoltura verso modelli rigenerativi, il sostegno ai lavoratori delle industrie in transizione, la lotta alla povertà energetica.

Un esempio? Il piano “NextGenerationEU”, parte del Green Deal europeo, ha finanziato la costruzione di reti ferroviarie ad alta velocità più sostenibili in Spagna e la riqualificazione energetica di edifici pubblici in Italia. Negli USA, progetti statali stanno incentivando la produzione di batterie elettriche e auto a zero emissioni, creando anche migliaia di nuovi posti di lavoro.

Al centro di tutto, la convinzione che ambiente e diritti sociali non siano in contrasto, ma parte della stessa battaglia.

Che cos’è il Green New Deal americano?

Negli Stati Uniti, il Green New Deal è stato proposto formalmente nel 2019 da alcuni membri del Congresso, in particolare da Alexandria Ocasio-Cortez e Ed Markey. La proposta non è diventata legge, ma ha segnato un punto di svolta. Per la prima volta, un’intera generazione politica ha collegato emergenza climatica, crisi sociale e ineguaglianze economiche.

Ha spinto il dibattito verso soluzioni coraggiose: lavoro garantito, salute pubblica, infrastrutture sostenibili. E ha influenzato molte delle scelte successive, sia a livello nazionale sia internazionale, contribuendo all’agenda dell’amministrazione Biden e alle discussioni globali sulla giustizia climatica.

Qual è il principale obiettivo del Green Deal?

In fondo, tutto ruota attorno a un’idea: nessuno deve essere lasciato indietro. Il principale obiettivo del Green Deal – in tutte le sue versioni, europee, americane o globali – è unire giustizia ambientale e giustizia sociale. Ridurre le emissioni di CO₂ è fondamentale, ma non basta. Serve creare un nuovo equilibrio: tra ricchi e poveri, tra città e campagne, tra Nord e Sud del mondo, tra uomo e natura.

È un progetto che mette al centro la vita, in tutte le sue forme.

E oggi, in un mondo che cambia sempre più in fretta, parlare di Green New Deal non è più solo un esercizio teorico. È una scelta politica, morale e culturale. Abbiamo già affrontato il Green Deal europeo nel nostro articolo precedente. Ma oggi il dibattito è cambiato: la dimensione non è più solo continentale, ma globale. Le sfide si sono fatte più urgenti. Le idee più chiare. E le soluzioni più coraggiose.

Riparlarne oggi significa aggiornarci, confrontarci, e soprattutto scegliere da che parte vogliamo stare. Come individui, come società, come umanità.

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Fonti ufficiali e istituzionali consultate:

  • Commissione europea, Green Deal europeo
  • Congresso USA, Green New Deal Resolution
  • WCED (World Commission on Environment and Development), Our Common Future
  • Global Alliance for a Green New Deal
  • Jeremy Rifkin, The Green New Deal, The Third Industrial Revolution
  • United Nations Environment Programme (UNEP)

Giulia Tripaldi
July 10, 2025
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