L’idea di lavorare da casa evoca immagini di comodità: niente traffico, niente corse per prendere il treno, più tempo per sé stessi. Ma c’è un altro aspetto che spesso viene messo inevidenza: il potenziale impatto ambientale positivo. Con meno spostamenti, si riducono le emissioni di CO₂, si consuma meno carburante e si decongestionano le città. Tuttavia, la questione non è così semplice. Se da un lato lo smart working sembra essere un alleato della sostenibilità, dall’altro alcuni studi suggeriscono che il bilancio ambientale potrebbe essere più complesso di quanto si pensi.
Il lavoro da remoto ha senza dubbio ridotto il traffico urbano. Secondo ENEA, durante la pandemia, quando milioni di persone hanno lavorato da casa, le emissioni di gas serra legate al trasporto sono calate sensibilmente. In Italia, nei mesi di lockdown, si è registrata una riduzione delle emissioni di CO₂ fino al 20% nelle grandi città. Ma il passaggio allo smart working non significa solo meno automobili in strada. Cambia anche il consumo energetico.
Lavorare da casa implica l’uso prolungato di computer, illuminazione e riscaldamento o aria condizionata, spesso in abitazioni meno efficienti rispetto agli uffici. Un’analisi condotta su scala globale ha mostrato che, in inverno, il consumo energetico delle abitazioni può aumentare significativamente, annullando in parte il beneficio delle emissioni evitate nei trasporti. Allo stesso tempo, molte aziende continuano a mantenere gli uffici aperti, consumando energia per spazi in parte vuoti.
Un altro aspetto da considerare è l’effetto indiretto sulle abitudini di consumo. Lavorando da casa, si tende a preparare più pasti autonomamente, riducendo l’uso di imballaggi monouso tipici del cibo da asporto. Tuttavia, l’aumento dell’uso di dispositivi elettronici e la necessità di connessioni internet più potenti comportano un incremento del consumo di risorse digitali e delle infrastrutture necessarie per sostenerle.
Un recente studio pubblicato su arXiv ha evidenziato che il bilancio ambientale dello smart working varia anche in base alla geografia e alle fonti energetiche locali. In paesi con una produzione di energia elettrica basata su rinnovabili, il telelavoro risulta più vantaggioso dal punto di vista ecologico rispetto a regioni dove l’elettricità proviene principalmente da combustibili fossili.
Allora, lo smart working è davvero sostenibile? La risposta è: dipende. Se accompagnato da una riduzione degli spazi aziendali inutilizzati, da un’ottimizzazione dei consumi domestici e da investimenti in energia rinnovabile, può effettivamente contribuire a ridurre l’impatto ambientale. In caso contrario, il rischio è che si trasferiscano semplicemente le emissioni da un settore all’altro.
Lavorare da casa ha sicuramente molti vantaggi, ma per essere davvero sostenibile deve essere inserito in una strategia più ampia, che consideri il consumo energetico, l’uso degli spazi e le abitudini quotidiane. Solo così si potrà davvero parlare di un beneficio concreto per l’ambiente.
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