Negli anni del marketing verde, in cui ogni azienda sembra correre a dichiararsi sostenibile, emerge un fenomeno sorprendente e controintuitivo: il greenhushing. In un’epoca in cui parlare di ambiente fa branding, alcune imprese scelgono di non comunicare affatto i propri sforzi ecologici. Un silenzio che, a ben vedere, non è mai neutro.
Il termine greenhushing nasce come contraltare del più noto greenwashing. Se quest’ultimo consiste nell’esagerare, falsificare o costruire ad arte una narrazione di sostenibilità, il greenhushing rappresenta la scelta di tacere le proprie iniziative ambientali, anche quando sono reali.
Le ragioni? Molteplici:
In pratica, è un’autocensura ambientale: meglio non dire nulla che essere accusati di ipocrisia.
Paradossalmente, oggi parlare di sostenibilità è rischioso. I consumatori sono diventati molto più attenti e informati. La pressione mediatica, le indagini ESG (Environmental, Social and Governance), egli standard europei hanno alzato l’asticella della trasparenza.
In questo contesto, molte imprese preferiscono non esporsi, temendo che anche il minimo errore possa minare la fiducia del pubblico o dare il via a una campagna di boicottaggio.
Sebbene sembri una scelta prudente, il greenhushing può avere conseguenze molto gravi:
Il problema del greenhushing è che, per definizione, è difficile da individuare. Tuttavia, analisi su larga scala — come quelle svolte da South Pole, un'organizzazione climatica globale — dimostrano che oltre il 20% delle aziende con obiettivi ambientali concreti non ne parla pubblicamente.
In Europa, alcune imprese scelgono di non comunicare per paura di non essere conformi alle nuove direttive UE, come la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), che impone requisiti di trasparenza ambientale molto precisi.
Come superare il greenhushing
Affrontare il greenhushing non significa obbligare ogni azienda a diventare un megafono. Ma è fondamentale:
Il greenhushing è un sintomo di quanto la sostenibilità sia diventata centrale — e allo stesso tempo, fragile. Per evitare che diventi solo un terreno di scontro reputazionale, serve un nuovo patto tra aziende, consumatori e istituzioni, fondato su trasparenza, coerenza e fiducia.
Perché il futuro non ha bisogno di chi urla più forte, ma di chi agisce con coraggio e comunica con onestà. Anche quando non è perfetto.