
Il caldo estremo sta diventando una delle sfide ambientali più urgenti del nostro tempo. Le ondate di calore che un tempo erano eccezionali oggi si ripetono con frequenza crescente, trasformando intere città in ambienti difficili da abitare e mettendo a rischio la salute di milioni di persone. Non si tratta più di un problema stagionale, ma di una condizione strutturale legata al cambiamento climatico e al modo in cui costruiamo e gestiamo gli spazi urbani.
In questo scenario si inserisce il Global Cooling Watch 2025, un report pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente che propone un approccio radicalmente nuovo al tema del raffreddamento globale. L’obiettivo è ridurre l’uso eccessivo di energia, migliorare l’efficienza dei sistemi esistenti e favorire soluzioni naturali e tecnologiche che proteggano le persone senza aggravare la crisi climatica. La chiave è una strategia definita “gerarchia del raffreddamento”, che punta a raffreddare edifici, città e infrastrutture in modo sostenibile.
L’idea alla base della gerarchia del raffreddamento è semplice ma potente. Non tutte le soluzioni contro il caldo hanno lo stesso impatto ambientale e non tutte devono essere applicate allo stesso modo. Il report invita governi, aziende e cittadini a privilegiare le misure meno energivore, riducendo al minimo la dipendenza dai condizionatori tradizionali, che sono responsabili di una parte crescente della domanda globale di energia.
La gerarchia si basa su una logica progressiva. Prima si interviene sull’ambiente costruito per ridurre la necessità di raffrescamento, poi si adottano soluzioni passive che sfruttano ventilazione naturale, materiali isolanti e ombreggiamenti intelligenti. Solo in ultima istanza si ricorre al raffreddamento meccanico, privilegiando apparecchiature ad alta efficienza e alimentate da fonti rinnovabili.
Questo approccio consente di tagliare i consumi energetici e le emissioni di gas serra senza sacrificare il comfort. Significa ripensare il modo in cui progettiamo gli edifici, gestiamo le infrastrutture e pianifichiamo gli spazi pubblici.
Secondo i dati contenuti nel Global Cooling Watch, il numero di persone esposte a ondate di calore pericolose è in costante aumento. Entro il 2050, oltre 5 miliardi di persone vivranno in aree con periodi di caldo estremo regolare. Le conseguenze si riflettono sulla salute, sull’economia e sugli ecosistemi urbani.
Il caldo eccessivo peggiora la qualità dell’aria, amplifica l’effetto isola di calore nelle città e fa salire vertiginosamente il consumo di elettricità. Le reti energetiche, già stressate, faticano a reggere la domanda crescente di condizionamento. Questo crea un circolo vizioso: più usiamo energia per raffreddarci, più aumentano le emissioni, più peggiora il riscaldamento globale.
Il settore del raffreddamento rappresenta oggi circa il 10% delle emissioni globali di CO₂. Senza politiche adeguate, questa percentuale è destinata a raddoppiare nei prossimi decenni. Da qui l’urgenza di agire non solo con soluzioni tecnologiche ma con una visione sistemica che tenga insieme pianificazione urbana, innovazione e giustizia climatica.
Il report dell’UNEP delinea una strategia multilivello. La prima linea di difesa è la progettazione urbana intelligente. Quartieri più verdi, tetti riflettenti, superfici permeabili e materiali ad alta capacità di isolamento possono abbassare la temperatura ambientale anche di diversi gradi. Gli spazi pubblici devono essere pensati per offrire ombra e ventilazione naturale, riducendo il bisogno di raffreddamento artificiale.
La seconda linea riguarda gli edifici. L’architettura passiva, già sperimentata in molti paesi, dimostra che con scelte mirate è possibile mantenere temperature confortevoli senza impianti energivori. Facciate ventilate, doppi vetri, sistemi di schermatura solare e ventilazione incrociata possono cambiare radicalmente la performance termica di un edificio.
Solo quando queste misure non bastano si passa alla tecnologia attiva, con sistemi di condizionamento più efficienti, pompe di calore reversibili e refrigeranti a basso impatto climatico. L’alimentazione da fonti rinnovabili diventa in questo contesto un elemento essenziale per evitare che il raffrescamento si trasformi in un acceleratore di emissioni.

Le città sono i luoghi dove il caldo estremo si manifesta con maggiore intensità. Le superfici asfaltate, l’alta densità di edifici e la scarsità di aree verdi creano microclimi difficili da gestire. È qui che la gerarchia del raffreddamento può esprimere tutto il suo potenziale.
Alcune metropoli stanno già sperimentando soluzioni avanzate. Singapore ha avviato programmi di raffrescamento urbano che combinano forestazione strategica, edifici a basso consumo e sistemi di raffreddamento centralizzato ad alta efficienza. Barcellona ha trasformato interi quartieri in superblocchi con strade ombreggiate e materiali riflettenti. Città del Golfo stanno investendo in tecnologie di desalinizzazione e raffreddamento passivo per contrastare temperature estive sempre più elevate.
Questi esempi mostrano che il problema può essere affrontato con risultati concreti, a patto di integrare politiche ambientali, urbanistica e innovazione tecnologica in un’unica strategia coerente.
Il raffreddamento non è solo un problema tecnico, ma anche una questione sociale. Nelle aree più povere, l’accesso a sistemi di condizionamento efficienti è limitato o inesistente. Le ondate di calore colpiscono con più forza chi non ha strumenti per difendersi.
Il Global Cooling Watch sottolinea che la giustizia climatica deve essere al centro delle politiche di raffreddamento. Le risorse non possono essere concentrate solo nei paesi ricchi. Servono investimenti globali per garantire soluzioni accessibili e sostenibili anche nelle regioni più vulnerabili, dove il caldo può diventare una minaccia diretta alla sopravvivenza.
L’efficienza energetica non è un dettaglio, ma l’elemento che può fare la differenza tra una crisi gestibile e una spirale di peggioramento climatico. Secondo l’UNEP, interventi coordinati potrebbero ridurre le emissioni future del raffreddamento di oltre il 60% entro metà secolo. Non si tratta solo di sostituire macchine vecchie con nuove, ma di ripensare interamente il modo in cui usiamo e distribuiamo l’energia.
La diffusione di standard internazionali, incentivi economici e normative chiare può accelerare questo processo. Anche i comportamenti individuali, pur non essendo risolutivi da soli, giocano un ruolo importante. Un uso più razionale dei sistemi di climatizzazione, associato a edifici e città più resilienti, può alleggerire la pressione sulle reti e sull’ambiente.
Il riscaldamento globale continuerà a mettere alla prova la nostra capacità di adattamento. Il raffreddamento sostenibile non è un lusso, ma una condizione essenziale per garantire qualità della vita, salute pubblica e stabilità economica. Se affrontata con intelligenza e visione, questa sfida può trasformarsi in un’opportunità per rendere le città più verdi, efficienti e inclusive.
Il Global Cooling Watch 2025 propone una strada chiara: ridurre i bisogni di raffreddamento, usare meglio le risorse disponibili e garantire accesso equo alle tecnologie pulite. La direzione è tracciata, ma la velocità con cui la percorreremo dipenderà dalla volontà politica e dalla collaborazione internazionale.