C'è un villaggio nella regione centrale della Namibia dove, al tramonto, non si accendono più generatori diesel. Nessun rombo meccanico, nessun odore acre di combustibile. Solo il silenzio e la luce. La corrente elettrica arriva da pannelli fotovoltaici installati sul tetto della scuola, dell'ambulatorio, e delle case. Per i residenti, è come vivere in una nuova era. Una rivoluzione, ma senza proclami. Eppure, questa trasformazione che avanza silenziosa nella savana africana ha il potenziale di cambiare il mondo.
L'energia solare è una forma di energia rinnovabile che sfrutta la radiazione del sole per produrre elettricità o calore. Esistono due tecnologie principali: i pannelli fotovoltaici, che trasformano direttamente la luce in elettricità, e gli impianti termosolari, che concentrano la luce per riscaldare fluidi e generare energia. L'enorme vantaggio è che il sole è una risorsa gratuita, abbondante e disponibile ovunque, anche nei luoghi più remoti del pianeta.
La Namibia, con il suo clima secco e oltre 300 giorni di sole all'anno, è uno dei luoghi più promettenti per lo sviluppo del solare. Tuttavia, il contesto energetico del Paese è stato per lungo tempo dipendente da importazioni, soprattutto dal Sudafrica. Solo di recente, grazie a una visione strategica e all'ingresso di capitali pubblici e privati, è iniziata una scalata decisa verso l'autonomia energetica basata su fonti rinnovabili.
Tra i vantaggi dell'energia solare, troviamo la sostenibilità ambientale, l'assenza di emissioni inquinanti durante l'uso, e la possibilità di portare elettricità in aree isolate, migliorando le condizioni di vita. Inoltre, i costi di produzione sono crollati del 90% negli ultimi dieci anni, rendendola competitiva anche rispetto alle fonti fossili.
Gli svantaggi, invece, includono la variabilità della produzione (di notte o con cielo nuvoloso), la necessità di sistemi di accumulo come batterie o l'integrazione con altre fonti, e l'impatto ambientale non nullo legato alla produzione e smaltimento dei pannelli. Tuttavia, la ricerca tecnologica sta rapidamente riducendo anche questi limiti.
Oggi, la Cina guida il mondo sia nella produzione che nell'installazione di impianti solari. Seguono Stati Uniti, India e l'Unione Europea. Tuttavia, alcuni dei progetti più interessanti emergono nei Paesi in via di sviluppo, come appunto la Namibia. Secondo un rapporto recente dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, la Namibia ha già raggiunto una quota di 84% di energia rinnovabile nella capacità elettrica nazionale, e punta al 100% per il 2030.
Uno dei progetti di punta è la centrale Omburu Solar Power Station, con 20 MW di potenza, cui si affianca l'impianto Khan/Sores IGaib da 25 MW. A questi si aggiungerà, nel 2026, una mega centrale da 100 MW a Rosh Pinah, destinata a essere il cuore pulsante del nuovo sistema elettrico nazionale. In parallelo, decine di micro-impianti locali stanno sorgendo grazie al sostegno di ONG e finanziamenti internazionali. Non è solo una corsa alla potenza installata: è una questione di giustizia energetica.
In Europa, l'Italia si distingue per la sua capacità installata: secondo dati aggiornati al 2024, oltre il 10% del fabbisogno nazionale è coperto da solare fotovoltaico. Regioni come Puglia, Sicilia e Lazio sono in prima linea. Ma il vero boom si osserva fuori dall'Europa. In India, i parchi solari raggiungono dimensioni epiche. In Australia, alcune città sono già 100% rinnovabili grazie al solare integrato con batterie. E in Africa, dove solo il 43% della popolazione ha accesso stabile all'elettricità, il sole potrebbe diventare il grande equalizzatore.
Un celebre reportage ha sottolineato questa transizione storica: il passaggio da una civiltà fossile a una civiltà solare, distribuita, resiliente. Un'energia democratica, che non ha bisogno di pipeline, eserciti o geopolitica, ma solo di fotoni.
In questo contesto, l'Europa ha un ruolo cruciale non solo come utilizzatore, ma anche come promotore globale. La Commissione Europea, nel suo piano "RePowerEU", identifica il solare come colonna portante per uscire dalla dipendenza da gas fossile, e lancia programmi di cooperazione con l'Africa per sviluppare impianti condivisi.
Perché rappresenta un modello di innovazione sostenibile a basso costo, adattabile anche in aree rurali europee. Mentre nel Nord Italia o nella Germania meridionale si discute di agrivoltaico, la Namibia sperimenta già modelli che combinano energia, agricoltura e conservazione della biodiversità. Un esempio è il progetto di biochar solare, che utilizza energia solare per trasformare rifiuti agricoli in carbone vegetale utile a rigenerare i suoli.
L'aspetto più potente della storia namibiana è che non si basa su tecnologie futuristiche, ma su scelte politiche e sociali coraggiose. È una narrazione che dimostra come la transizione energetica sia possibile oggi, con gli strumenti già disponibili, se supportata da visione e cooperazione.
Il biochar è un materiale carbonioso simile al carbone vegetale, ottenuto attraverso la pirolisi di residui agricoli, cioè il riscaldamento della biomassa in assenza di ossigeno. Questo processo non solo evita l’emissione di CO₂, ma intrappola il carbonio in una forma stabile che può essere immagazzinata nel suolo per secoli. Il biochar migliora la fertilità dei terreni, aumenta la capacità di ritenzione idrica e contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra. In Namibia, l’uso combinato di energia solare e biochar apre scenari innovativi: si possono produrre fertilizzanti rigenerativi e contemporaneamente generare idrogeno verde, creando un ciclo virtuoso tra energia, agricoltura e ambiente. L’interesse europeo per questa tecnologia è in forte crescita, come dimostrano i recenti studi e progetti pilota anche in Italia.
L'energia solare non è più una promessa. È una realtà concreta, che si estende dalla Namibia all'Emilia Romagna, da Bangalore a Valencia. L'esperienza namibiana ci insegna che la sostenibilità è innanzitutto un atto di coraggio collettivo. Non si tratta solo di watt e megawatt, ma di scelte che definiscono il nostro futuro.
Quando una scuola si illumina senza rumore, quando un villaggio abbandona il gasolio per il Sole, non stiamo solo producendo energia: stiamo costruendo una nuova civiltà.
Fonti