Innovazione circolare: le startup che stanno cambiando il futuro della sostenibilità

Giulia Tripaldi
September 10, 2025
5 min read

Ogni giorno produciamo miliardi di tonnellate di rifiuti. Molti di questi finiscono in discariche, oceani, inceneritori. La plastica, gli pneumatici, gli imballaggi monouso diventano simboli di un modello lineare basato su “prendere, usare, buttare”. Ma c’è un’altra storia che oggi si sta scrivendo. Una storia fatta di startup, tecnologie innovative e nuove filiere produttive che vedono nei rifiuti non un problema, ma una risorsa. È la rivoluzione dell’innovazione circolare, una trasformazione che non riguarda più soltanto gli ambientalisti o gli scienziati, ma l’economia reale e la vita quotidiana di tutti.

Su Abouthat abbiamo già raccontato il lato oscuro di questo modello lineare: dal cimitero di pneumatici in Kuwait, che è diventato un inferno di gomma a cielo aperto, fino al tema della plastica invisibile che si insinua nel nostro cibo e nel nostro corpo. Oggi vogliamo guardare dall’altra parte, verso le soluzioni. E raccontare chi sta già cambiando il futuro della sostenibilità.

Che cos’è l’innovazione circolare e perché è la chiave della sostenibilità?

Parlare di innovazione circolare significa ripensare radicalmente il ciclo dei materiali. L’obiettivo non è più limitarsi a riciclare una bottiglia di plastica, ma ridisegnare interi processi per evitare lo spreco. La differenza rispetto al riciclo tradizionale è sostanziale. Nell’economia lineare estraiamo, produciamo, consumiamo e scartiamo. Nell’economia circolare ogni “scarto” diventa materia prima per un nuovo ciclo.

Questo approccio non è più un sogno accademico: è ormai la strategia di molte aziende e startup che vedono nella circolarità un’occasione di business sostenibile. L’innovazione circolare è dunque la chiave perché non propone di rinunciare al progresso, ma di alimentarlo con creatività e tecnologie che riducono l’impatto sul pianeta.

Quali startup stanno trasformando gli pneumatici in nuove materie prime?

Abbiamo già mostrato su Abouthat il dramma degli pneumatici dismessi in Kuwait, accumulati in enormi discariche che rischiano di diventare bombe ecologiche. La buona notizia è che diversi progetti stanno affrontando proprio questo problema.

In Olanda, Black Bear Carbon ha sviluppato una tecnologia per recuperare il nero di carbonio dagli pneumatici usati, una materia preziosa per produrre nuove gomme, inchiostri e vernici. Ogni tonnellata riciclata permette di risparmiare grandi quantità di CO₂ rispetto alla produzione tradizionale.

In Canada, Pyrowave lavora su processi di pirolisi avanzata, capaci di trasformare plastiche e gomme in monomeri originali. In Italia, Versalis (gruppo ENI) ha avviato partnership per il recupero chimico della gomma, con l’obiettivo di inserirla in nuove filiere produttive.

L’idea è semplice ma rivoluzionaria: uno pneumatico non è la fine di un ciclo, ma l’inizio di un altro. Se fino a ieri la gomma usata era destinata alla discarica, oggi può rientrare nel mercato come nuova materia prima.

Come il packaging compostabile e commestibile cambia il mercato del cibo?

L’imballaggio è uno dei settori più impattanti. Ci sono tanti esempi di scarti alimentari, come quelli del vino rosso, e di come possano trasformarsi in nuove risorse. Oggi la sfida è fare lo stesso con il packaging.

La startup londinese Notpla ha ideato contenitori a base di alghe, completamente biodegradabili e perfino commestibili. La loro missione è sostituire milioni di confezioni monouso, specialmente nel settore del take-away.

L’israeliana Tipa ha creato film trasparenti che sembrano plastica, ma si degradano come la buccia di una mela. In Australia ed Europa, Biopak fornisce packaging compostabile certificato, già utilizzato da molte catene di ristorazione.

Questi esempi mostrano che la sostenibilità può essere anche design accattivante e praticità. Non si tratta di tornare indietro, ma di innovare con materiali che rispondono alle esigenze moderne senza lasciare scorie permanenti.

Quali tecnologie stanno affrontando il problema delle microplastiche?

Le microplastiche sono ormai parte della nostra quotidianità: finiscono nel cibo, nell’acqua e persino nei nostri polmoni. La domanda oggi è: chi le sta combattendo?

La startup slovena PlanetCare ha ideato filtri per lavatrici che catturano fino al 90% delle microfibre rilasciate dai vestiti sintetici. In Gran Bretagna, Matter sviluppa tecnologie per trattenere microplastiche dalle acque reflue, integrando i filtri negli impianti di depurazione.

Sono soluzioni quotidiane e concrete. Perché se ogni lavatrice di casa diventasse una barriera anti-microplastiche, l’impatto complessivo sarebbe enorme.

Che ruolo hanno gli enzimi nel riciclo del futuro?

Uno dei fronti più affascinanti dell’innovazione circolare è quello delle biotecnologie. Alcune startup stanno usando gli enzimi come forbici molecolari capaci di “tagliare” la plastica e riportarla alle sue molecole originarie.

La francese Carbios ha messo a punto un enzima che decompone il PET, la plastica delle bottiglie, rigenerandolo in materiale nuovo e di alta qualità. Questo processo permette un riciclo potenzialmente infinito, superando i limiti del riciclo meccanico tradizionale.

L’azienda danese Novozymes, leader nel settore enzimatico, collabora con vari progetti per sviluppare enzimi in grado di attaccare polimeri complessi. Non stiamo parlando di un futuro lontano: alcuni stabilimenti pilota sono già attivi.

Se queste tecnologie saranno scalabili, potremo dire addio al concetto di plastica “usa e getta”.

Quali startup italiane stanno guidando l’economia circolare?

L’Italia non è estranea a questa rivoluzione. Anzi, ospita alcune realtà che stanno diventando modelli globali.

A Prato, Rifò rigenera vecchi capi e scarti tessili per creare nuova moda sostenibile. Ogni capo porta con sé non solo un valore estetico, ma una riduzione concreta di rifiuti e consumo di risorse.

A Catania, Orange Fiber produce tessuti innovativi a partire dagli scarti delle arance, trasformando residui dell’industria alimentare in seta vegetale di alta qualità.

A Torino, Biova Project realizza birra partendo dal pane invenduto, riducendo gli sprechi alimentari e dimostrando come il circolare possa anche essere gustoso.

Queste storie mostrano che la circolarità non è solo alta tecnologia, ma anche creatività artigianale e visione imprenditoriale.

Perché l’innovazione circolare è una rivoluzione culturale prima ancora che industriale?

Non si tratta soltanto di nuove tecnologie, ma di un cambio di mentalità. Significa vedere il valore dove prima c’era solo scarto. Significa trasformare il rifiuto in opportunità, la crisi in occasione.

La circolarità ci spinge a ripensare il concetto stesso di prodotto: non più un oggetto che termina con l’uso, ma un sistema che vive in cicli multipli. Per i cittadini, questo approccio si traduce in scelte concrete: preferire un imballaggio compostabile, acquistare abiti rigenerati, sostenere startup che propongono alternative innovative.

E per il pianeta significa alleggerire il peso che gli abbiamo imposto per decenni.

Dal rifiuto alla risorsa, la nuova economia del futuro

L’innovazione circolare è già realtà. Non è un discorso da convegni, ma una trasformazione che tocca la moda, il cibo, l’energia, i materiali. Startup e aziende stanno dimostrando che la sostenibilità può essere anche un motore economico, capace di creare lavoro, design, cultura.

Abbiamo visto i problemi: montagne di pneumatici, mari pieni di plastica, scarti invisibili nelle nostre case. Ma oggi possiamo raccontare anche le soluzioni. E forse, per la prima volta, immaginare un futuro in cui “rifiuto” non sia più sinonimo di fine, ma di nuovo inizio.

Fonti

European Commission, Circular Economy Action Plan — https://environment.ec.europa.eu/strategy/circular-economy-action-plan_en
Black Bear Carbon, Official Site — https://blackbearcarbon.com/
Pyrowave, Official Site — https://www.pyrowave.com/

Giulia Tripaldi
September 10, 2025
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