Depurazione delle acque reflue in Italia: a che punto siamo nel 2025?

Giulia Tripaldi
September 24, 2025
5 min read

La gestione delle acque reflue è una delle sfide più importanti per la sostenibilità. Non riguarda solo l’ingegneria idraulica o la gestione dei servizi pubblici, ma la salute degli ecosistemi, la qualità della vita delle persone e il rispetto delle norme europee. Nel 2025, l’Italia si trova ancora in ritardo: milioni di cittadini non sono serviti da sistemi di depurazione adeguati e le multe dell’Unione Europea pesano sulle casse pubbliche.

Per comprendere l’urgenza del problema, è necessario entrare nel merito dei processi che trasformano un refluo inquinante in acqua restituita all’ambiente in condizioni di sicurezza.

Che cosa sono le acque reflue e perché depurarle è indispensabile?

Le acque reflue urbane comprendono gli scarichi domestici (bagni, cucine, lavanderie), quelli industriali e, in parte, le acque meteoriche di dilavamento urbano. Contengono sostanze organiche, nutrienti come azoto e fosforo, detergenti, microplastiche, farmaci e microrganismi patogeni.

Se scaricate senza trattamento, queste acque innescano diversi problemi: eutrofizzazione di fiumi e laghi, contaminazione microbiologica delle coste, perdita di biodiversità e rischi per la salute umana. La depurazione serve a rimuovere o ridurre questi carichi inquinanti attraverso processi fisici, chimici e biologici.

Come funziona un impianto di depurazione?

Un impianto di trattamento delle acque reflue è una sequenza di processi progettati per ridurre gradualmente la concentrazione di inquinanti.

  • Trattamento primario: rimozione dei solidi sospesi più grossolani mediante griglie, sedimentazione e sabbiatura.
  • Trattamento secondario: cuore biologico del sistema, basato su fanghi attivi o biofilm, dove comunità microbiche degradano la sostanza organica e trasformano l’azoto in forme meno dannose attraverso i processi di nitrificazione e denitrificazione.
  • Trattamento terziario: fasi avanzate che eliminano nutrienti residui, microinquinanti e batteri patogeni. Possono includere filtrazione su membrane, ozonizzazione o disinfezione con raggi UV.

Al termine, l’acqua depurata può essere rilasciata nei corpi idrici superficiali o, sempre più spesso, riutilizzata in agricoltura.

Qual è la situazione italiana nel 2025?

Nonostante i progressi degli ultimi decenni, l’Italia è ancora lontana dal pieno adeguamento agli standard europei. Circa 3,5 milioni di abitanti equivalenti non sono serviti da alcun sistema di depurazione adeguato. E oltre 26,8 milioni di abitanti equivalenti scaricano in impianti non conformi alla direttiva comunitaria.

Sono 855 gli agglomerati urbani italiani in infrazione. Le conseguenze sono pesanti: oltre 210 milioni di euro già pagati in multe e, dal marzo 2025, una nuova condanna che impone 10 milioni subito e 13,7 milioni ogni sei mesi finché non saranno risolte le criticità.

Il problema riguarda soprattutto aree costiere e regioni meridionali, dove la frammentazione amministrativa e i ritardi infrastrutturali hanno rallentato gli interventi.

Perché il ritardo è così difficile da colmare?

Le cause sono molteplici. In primo luogo, vetustà degli impianti: molti risalgono agli anni Settanta-Ottanta e non sono mai stati adeguati alle nuove normative. A questo si somma la frammentazione gestionale, con centinaia di enti locali che gestiscono il servizio idrico in modo disomogeneo.

C’è anche un aspetto tecnico: realizzare o potenziare un depuratore richiede tempi lunghi di progettazione, valutazioni di impatto ambientale, appalti e lavori. E spesso i fondi europei vengono utilizzati con ritardi o inefficienze.

Infine, il tema della depurazione rimane sottovalutato nell’opinione pubblica. È meno visibile rispetto alle energie rinnovabili o alla mobilità sostenibile, nonostante il suo impatto ambientale e sanitario sia altrettanto cruciale.

Quali conseguenze ambientali e sanitarie provoca la mancata depurazione?

L’assenza di un trattamento adeguato comporta fenomeni scientificamente ben documentati:

  • Eutrofizzazione: l’eccesso di azoto e fosforo stimola la crescita di alghe, riducendo l’ossigeno disciolto e portando a morie di pesci.
  • Contaminazione microbiologica: la presenza di coliformi fecali e altri patogeni nelle acque di balneazione compromette la salute umana.
  • Bioaccumulo di microinquinanti: farmaci, pesticidi e microplastiche si accumulano negli organismi acquatici e risalgono la catena alimentare.

A ciò si aggiungono le conseguenze economiche: dal calo della qualità del turismo balneare al costo delle multe europee, che gravano sui cittadini.

Cosa prevede la nuova Direttiva europea?

La Direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane è stata aggiornata, rafforzando gli obblighi dei Paesi membri. I nuovi obiettivi prevedono:

  • Standard più stringenti per nutrienti e microinquinanti.
  • Obbligo di monitoraggio continuo con sensori in tempo reale.
  • Riutilizzo spinto delle acque depurate in agricoltura.

Per l’Italia, adeguare i grandi impianti comporterà un investimento stimato tra 645 milioni e 1,5 miliardi di euro.

Quali innovazioni scientifiche possono aiutare?

La ricerca offre già soluzioni promettenti:

  • Reattori a membrana (MBR), che combinano processi biologici e filtrazione fisica, ottenendo acque di altissima qualità.
  • Fitodepurazione avanzata, che utilizza zone umide artificiali con piante e microrganismi per trattare reflui di piccoli centri abitati.
  • Tecnologie di recupero delle risorse, come la produzione di biogas dai fanghi e il recupero di fosforo per l’agricoltura.

Integrare queste soluzioni in una strategia nazionale significherebbe trasformare un problema in opportunità di economia circolare.

Depurazione delle acque reflue: un’urgenza scientifica e civile

La depurazione delle acque reflue non è una questione secondaria. È un banco di prova per la sostenibilità, che mette insieme scienza, tecnologia, salute pubblica ed equità sociale. Continuare a trascurarla significa perpetuare un danno ecologico ed economico.

Gli investimenti previsti dall’Unione Europea e dalla nuova Direttiva possono rappresentare un’occasione unica per innovare gli impianti, ridurre il divario infrastrutturale e portare l’Italia a livelli di eccellenza. Perché proteggere l’acqua significa proteggere la vita.

Fonti

Giulia Tripaldi
September 24, 2025
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