Carne da laboratorio: realtà, promesse o bluff sostenibile?

Giulia Tripaldi
August 27, 2025
5 min read

Una nuova frontiera del cibo

E se la carne non venisse più dagli allevamenti ma da un laboratorio? Non è fantascienza, ma il risultato di anni di ricerca scientifica: la carne coltivata in laboratorio.
Questa tecnologia nasce dall’incontro tra biologia cellulare, ingegneria tessutale e innovazione alimentare. L’idea è semplice quanto rivoluzionaria: far crescere cellule animali in ambienti controllati, proprio come accade in natura, ma senza l’impatto ambientale e senza ricorrere alla macellazione.

Oggi la carne coltivata non è ancora parte della nostra dieta quotidiana, ma rappresenta una delle più promettenti strade per ripensare il futuro del cibo in chiave sostenibile. È una sfida tecnologica, economica e culturale: da un lato le enormi potenzialità per ridurre inquinamento e consumo di risorse, dall’altro i dubbi su costi, energia e accettazione sociale.

La carne da laboratorio è vietata in Italia?

Sì. Al momento in Italia la carne coltivata non può essere prodotta né venduta. La legge n. 172 del 1 dicembre 2023 vieta non solo la commercializzazione di alimenti derivati da colture cellulari di animali vertebrati, ma persino l’uso della parola “carne” in prodotti vegetali che la ricordano.

Il divieto è stato giustificato come tutela del patrimonio agroalimentare italiano e misura di precauzione, ma ha suscitato molte polemiche: da un lato chi vede in questa scelta la difesa delle eccellenze italiane, dall’altro chi la interpreta come un freno all’innovazione e un ostacolo a un settore in crescita a livello globale. In Europa, infatti, non esiste ancora un divieto generalizzato: sarà l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) a decidere se e come autorizzare la carne coltivata come novel food.

Che cos’è la carne finta fatta in laboratorio?

“Carne finta” è un termine impreciso: la carne coltivata non è né sintetica né artificiale in senso chimico. Si tratta di carne vera, composta da cellule animali, solo che queste non provengono da un allevamento ma da un processo di coltura cellulare in laboratorio.

Come funziona?

  1. Si preleva un piccolo campione di cellule animali, spesso cellule staminali muscolari.
  2. Queste vengono messe in un bioreattore, una sorta di incubatrice che fornisce nutrienti, ossigeno e fattori di crescita.
  3. Le cellule si moltiplicano, organizzandosi in fibre muscolari.
  4. Per dare forma e consistenza simile a quella della carne, si usano scaffold commestibili (impalcature su cui le cellule crescono in 3D) e, in alcuni casi, tecniche come la stampa 3D.

Il risultato è un prodotto che riproduce la carne convenzionale a livello biologico, senza allevamenti intensivi.

Che cos’è la carne coltivata in laboratorio?

La carne coltivata (o cell-based meat) è una delle più interessanti innovazioni nel campo della food tech. Non va confusa con i prodotti plant-based (hamburger vegetali a base di legumi, soia o piselli): in quel caso si tratta di imitazioni vegetali della carne, mentre qui abbiamo carne a tutti gli effetti, prodotta con un approccio diverso.

Questa distinzione è importante, perché chiarisce che non si tratta di un “sostituto vegetale”, ma di una nuova tecnologia di produzione alimentare.

Che cos’è il meat?

Il termine inglese meat significa semplicemente “carne”. Tuttavia, nel linguaggio comune e nel marketing, può creare confusione.

  • Meat tradizionale = carne da allevamento.
  • Cultivated meat = carne coltivata da cellule animali in laboratorio.
  • Plant-based meat = prodotti vegetali che imitano la carne, ma senza cellule animali.

Capire queste differenze è fondamentale per non confondere innovazioni radicalmente diverse.

Quali tecnologie stanno dietro questa innovazione?

Il cuore della carne coltivata è l’ingegneria tessutale applicata al cibo.

  • Bioreattori: ambienti sterili che garantiscono crescita controllata e sicura delle cellule, senza antibiotici.
  • Scaffold: strutture edibili che danno forma e consistenza.
  • Bioprinting 3D: tecniche avanzate per produrre tagli di carne più complessi.
  • Arricchimento nutrizionale: in laboratorio si possono aggiungere acidi grassi come gli omega-3, creando carni con profili nutrizionali migliori rispetto alla carne convenzionale.

Queste tecnologie non solo puntano a replicare la carne, ma anche a ripensarla in chiave più salutare e sostenibile.

Vantaggi e limiti: un bilancio ragionato

Come ogni innovazione, anche la carne coltivata porta con sé grandi promesse ma anche sfide concrete. Non basta dire che è “più sostenibile”: per capirne davvero il potenziale dobbiamo guardare da vicino sia ai benefici che potrebbe offrire rispetto agli allevamenti tradizionali, sia agli ostacoli tecnici, economici ed etici che ancora ne frenano la diffusione.

Vantaggi:

  • Eliminazione del maltrattamento animale.
  • Riduzione dell’uso di terra e acqua rispetto agli allevamenti intensivi.
  • Minori emissioni di metano, uno dei gas serra più potenti.
  • Produzione più sicura grazie a controlli igienici e riduzione di agenti patogeni.

Limiti:

  • Costi ancora elevatissimi (anche se stanno calando rapidamente).
  • Consumo energetico importante, spesso basato su fonti non rinnovabili.
  • Alcuni processi usano ancora siero fetale bovino (FBS), con implicazioni etiche.
  • Gusto e consistenza non sempre identici alla carne tradizionale.
  • Mancanza di studi indipendenti sugli impatti ambientali a lungo termine.

Offre un futuro sostenibile?

La carne coltivata è una tecnologia promettente, ma non una bacchetta magica. Potrà essere davvero sostenibile solo se:

  • si ridurranno i costi di produzione,
  • si useranno energie rinnovabili,
  • si abbandoneranno i materiali di origine animale come il FBS,
  • e si garantirà trasparenza scientifica.

È quindi parte di una strategia alimentare più ampia, che deve includere anche la riduzione del consumo di carne, il supporto ai prodotti vegetali e la promozione di diete equilibrate.

Possiamo dirci pronti?

Il primo hamburger in vitro è stato presentato nel 2013 a Maastricht. Da allora la ricerca ha fatto passi da gigante: oggi startup in Israele, Singapore e Stati Uniti hanno già ottenuto autorizzazioni per vendere carne coltivata, mentre l’Europa resta più cauta.
In Italia, invece, la normativa attuale congela ogni sperimentazione industriale.

Qual è il bilancio finale?

La carne coltivata non è solo una curiosità scientifica, ma una sfida sistemica: cambiare il modo in cui produciamo proteine animali. Può ridurre l’impatto ambientale e aumentare l’etica nella filiera alimentare, ma è ancora lontana dalla piena accessibilità.

La vera domanda non è se arriverà sul mercato, ma quando e in che forma. Perché il futuro del cibo non si gioca solo su “cosa” mangiamo, ma su “come” lo produciamo.

Giulia Tripaldi
August 27, 2025
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