Caccia sì, caccia no. In Italia, il dibattito sull’attività venatoria torna periodicamente al centro dell’attenzione. Stavolta lo fa per via di un nuovo disegno di legge presentato dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che propone modifiche rilevanti alla normativa esistente.
Le reazioni non si sono fatte attendere: tra chi difende la tradizione venatoria e chi solleva dubbi su sostenibilità, sicurezza e coerenza con il diritto europeo, la confusione è tanta.
In questo articolo cercheremo di chiarire:
La normativa di riferimento in Italia è la Legge 11 febbraio 1992, n. 157, che regola la protezione della fauna selvatica e il prelievo venatorio. È considerata da molti un compromesso tra tutela ambientale e diritti dei cacciatori.
Il termine venatorio significa “caccia”. In ambito legislativo e ambientale, tutto ciò che è venatorio riguarda l’attività della caccia regolamentata, ossia l’insieme di norme, strumenti, tempi e modalità con cui è consentito il prelievo di fauna selvatica da parte dei cacciatori. Parlare di prelievo venatorio non implica una caccia libera o indiscriminata, ma un’attività soggetta a regole precise, come limiti di specie, stagionalità, quote e aree autorizzate.
A novembre 2024, la legge è stata aggiornata con la Legge 14 novembre 2024, n. 166, che ha modificato l’articolo 13 sui mezzi di caccia, recependo norme europee sul divieto di piombo nelle zone umide, in linea con il regolamento REACH dell’UE (cioè il Regolamento sulla registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche, volto a tutelare la salute umana e l’ambiente dai rischi legati alle sostanze chimiche).
Il disegno di legge, presentato a inizio 2025, propone un cambiamento di rotta nella gestione dell’attività venatoria in Italia. L’intento è rendere la caccia più regionale, più flessibile, e – secondo il ministro – più aderente alle esigenze dei territori.
Tra le modifiche più discusse:
Secondo il ministro: «la proposta mira a un governo attivo del territorio, capace di rispondere meglio alle esigenze locali», valorizzando la conoscenza capillare delle realtà regionali e favorendo interventi più mirati.
Il DDL ha suscitato preoccupazioni da parte di ambientalisti, scienziati e associazioni civiche. I principali punti critici riguardano:
Come spesso accade su temi divisivi, circolano molte fake news. Facciamo chiarezza:
La caccia divide, ma semplificare il dibattito è un errore. Occorre riflettere su domande complesse:
Il DDL Caccia 2025 non parla solo di armi e stagioni venatorie. Coinvolge ambiente, giovani, territori, salute pubblica e normativa europea. Per questo serve più conoscenza, non solo più opinioni.
L’invito è a non schierarsi ciecamente, ma informarsi, discutere, valutare. Forse, con questa spiegazione, siamo riusciti a fornire strumenti utili per costruirsi un pensiero autonomo, critico e consapevole – anche sul delicato tema della tutela ambientale in Italia.
Farsi domande, ascoltare prospettive diverse, approfondire fonti affidabili: sono questi i primi passi per uscire dalle semplificazioni e affrontare il dibattito pubblico con coscienza, e non solo con reazione.
In un tempo in cui le discussioni su natura, fauna, ambiente vengono troppo spesso affrontate con leggerezza o slogan, parlare senza informarsi può essere altrettanto pericoloso quanto il non parlarne affatto. La sfida è quella di dare dignità e profondità a questi temi, che toccano il presente e il futuro del nostro rapporto con l’ambiente. Solo così si potrà davvero partecipare, scegliere e decidere in modo consapevole
Fonti