Cosa sta facendo l’Italia per l’ambiente?

Giulia Tripaldi
June 24, 2025
5 min read

Negli ultimi anni, parlare di sostenibilità non è mai stato così attuale e urgente. Non si tratta più solo di un tema per esperti o ambientalisti, ma di una questione che riguarda tutti noi, specialmente noi giovani, che abbiamo davanti il compito di costruire un futuro migliore. In Italia, il rapporto con l’ambiente e la sostenibilità è complesso e sfaccettato: da un lato, c’è un forte desiderio di cambiamento e attenzione verso scelte più responsabili; dall’altro, emergono ancora molte difficoltà nell’attuazione concreta di politiche efficaci e nella coesione tra istituzioni. Ma cosa pensa davvero l’Italia della sostenibilità? Quali sono le leggi che regolano lo sviluppo sostenibile? E soprattutto, cosa sta facendo il nostro Paese per trasformare i buoni propositi in realtà? Proviamo a fare un quadro chiaro e vicino a noi, partendo dalle voci degli italiani stessi.

Cosa pensano gli italiani della sostenibilità?

Se chiedessimo a un gruppo di persone qual è la prima cosa che viene in mente quando si parla di sostenibilità, probabilmente molti risponderebbero “qualità”. E questa non è un’idea campata in aria: secondo il rapporto “Sostenibilità è Qualità 2025” realizzato dalla Fondazione Symbola in collaborazione con Ipsos, quasi il 70% degli italiani associa la sostenibilità proprio alla qualità dei prodotti, soprattutto nel settore agroalimentare e nell’edilizia. Questo significa che la maggior parte di noi non vede la sostenibilità come un costo o un limite, ma come un valore aggiunto: qualcosa che migliora la vita, fa bene alla salute e rispetta il pianeta.

E non solo: oltre l’80% degli italiani è disposto a pagare un po’ di più per acquistare prodotti realmente sostenibili. Questo dato è fondamentale perché dimostra come ci sia una crescente consapevolezza nel pubblico, soprattutto tra i giovani, di voler fare scelte più responsabili anche quando si tratta di portafoglio. Però, va detto che non è tutto rose e fiori: un sondaggio più recente racconta un’altra realtà, quella di una certa delusione verso le istituzioni. Quasi la metà degli italiani, il 49%, pensa infatti che le politiche green nel nostro Paese siano diminuite negli ultimi anni. Questo sentimento di sfiducia indica che, nonostante l’interesse personale, c’è una percezione diffusa di poca efficacia da parte delle istituzioni nel dare risposte concrete.

Infine, un’indagine Ipsos legata all’Agenda 2030 rivela un paradosso interessante: mentre la maggior parte di noi dice di fare attenzione ai consumi critici e sostenibili, solo l’11% considera la sostenibilità un tema prioritario per l’Italia. Questo significa che, nonostante l’attenzione individuale, la sostenibilità fatica ancora a diventare una questione centrale nelle agende politiche e sociali del Paese.

Cosa significa sostenibilità per una società italiana?

Quando proviamo a capire cosa intendiamo realmente con “sostenibilità”, scopriamo che per molti italiani è qualcosa di più ampio e profondo: è sinonimo di qualità, etica e benessere. Pensiamo al cibo, per esempio: il 60% degli italiani si considera un consumatore etico, ovvero qualcuno che cerca di scegliere prodotti che rispettano gli animali e l’ambiente. Addirittura, l’89% è disposto a pagare di più per prodotti animali “sostenibili”, come quelli provenienti da allevamenti attenti al benessere degli animali e all’impatto ambientale.

Anche nell’edilizia la sostenibilità si traduce in scelte concrete: il 74% degli italiani considera la classe energetica degli edifici un criterio fondamentale quando si tratta di comprare o affittare una casa. Questo dato mostra come le persone stiano diventando più consapevoli dell’importanza dell’efficienza energetica, sia per risparmiare sulle bollette che per ridurre l’impatto ambientale.

In generale, il consumo critico, cioè la pratica di scegliere prodotti più sostenibili e responsabili, è cresciuto molto negli ultimi anni: dal 11% nel 2002 al 32% nel 2020. Tuttavia, esiste ancora una distanza tra le buone intenzioni che mettiamo in pratica dentro casa, come fare attenzione al riscaldamento o alla raccolta differenziata, e le difficoltà che incontriamo fuori, ad esempio nel capire la nostra classe energetica (solo il 51% la conosce).

Quale normativa italiana regola lo sviluppo sostenibile?

Dietro questi cambiamenti culturali e sociali, c’è un quadro normativo che prova a mettere ordine e indicare la strada. L’Italia ha costruito un sistema legislativo importante, allineato agli obiettivi globali dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Già dal 2006, con il Decreto Legislativo 152, detto “codice dell’ambiente”, lo sviluppo sostenibile è stato riconosciuto come un principio fondamentale da rispettare in tutte le politiche pubbliche. Questo significa che le amministrazioni devono considerare l’ambiente come una priorità in ogni decisione.

Sul fronte operativo, il Ministero della Transizione Ecologica (MASE) e il Ministero per la Coesione territoriale hanno promosso diverse iniziative, come workshop, strategie e finanziamenti dedicati proprio all’attuazione dell’Agenda 2030. Inoltre, l’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) ha messo a punto una vera e propria Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS) nel 2022, che punta a integrare i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) nelle politiche nazionali.

Un altro strumento chiave è il Green Public Procurement (GPP), che obbliga le pubbliche amministrazioni a considerare criteri ambientali nei loro acquisti, favorendo così prodotti e servizi più sostenibili.

Iniziative concrete e lacune attuali

Dal punto di vista pratico, l’Italia ha avviato diverse azioni concrete: dalla Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, ai programmi di acquisti verdi (PAN GPP e Criteri Ambientali Minimi), fino a numerosi progetti legati all’Agenda 2030. Tuttavia, resta un grande problema di governance. Spesso, regioni, comuni e governo centrale agiscono in modo frammentato, senza una coordinazione efficace. Ciò produce piani che si sovrappongono o si contrastano, rendendo più difficile raggiungere risultati tangibili.

Anche se le leggi ci sono, l’attuazione pratica è ancora debole. Molte iniziative rimangono sulla carta o non hanno la forza di cambiare davvero le cose sul territorio. Questo rallentamento genera frustrazione e alimenta la sfiducia di cittadini che vorrebbero vedere più azioni concrete e meno parole.

Perché serve una road map integrata?

Questa situazione ci porta a un punto cruciale: la sostenibilità non può essere affrontata con soluzioni parziali o settoriali. Serve una visione sistemica che metta insieme governance, educazione, politiche economiche e digitalizzazione. In pratica, tutte le parti devono lavorare insieme e parlare la stessa lingua.

Inoltre, dobbiamo stare attenti al “greenwashing”, cioè quelle proclamazioni verdi che suonano bene ma non sono supportate da fatti reali. Serve una comunicazione trasparente, che non nasconda le difficoltà ma evidenzi soprattutto le soluzioni e i progressi. Lo dicono anche gli studi: il 77% degli italiani preferisce ascoltare narrazioni costruttive, che raccontino cioè i successi e le innovazioni, piuttosto che semplici critiche o allarmismi.

Dalle parole ai fatti

L’Italia ha tutti gli strumenti per essere un Paese all’avanguardia nella sostenibilità: normative solide, strategie nazionali, strutture istituzionali dedicate. E soprattutto c’è una popolazione pronta a fare la sua parte, con la voglia di scegliere meglio e di investire nel futuro. Ma la vera sfida è trasformare queste condizioni favorevoli in azioni concrete e coordinate, capaci di generare risultati reali.

Per noi giovani, e per il futuro del nostro Paese, è il momento di chiedere meno discorsi e più fatti. Solo così potremo costruire davvero una società sostenibile, dove l’ambiente non è un tema da occasione ma una priorità condivisa e quotidiana.

Fonti

Giulia Tripaldi
June 24, 2025
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