Immagina di camminare tra le corsie del supermercato e di poter leggere, proprio accanto al prezzo e alle calorie, un indicatore chiaro dell'impatto ambientale del prodotto che stai per mettere nel carrello. Una A verde brillante per il latte, una E rossa intensa per un pezzo di carne confezionato. Questo è l'obiettivo dell'Ecoscore, un sistema pensato per valutare e comunicare in modo semplice e trasparente la sostenibilità ambientale di ogni articolo alimentare.
L'’Ecoscore è già stato sperimentato in Francia con risultati sorprendenti. Alcuni supermercati e aziende hanno introdotto questo sistema a semaforo, ispirato al Nutriscore nutrizionale, per dare ai consumatori un criterio in più nella scelta. L’Unione Europea lo sta ora valutando come possibile standard continentale. Il sistema si basa su un mix di dati scientifici: emissioni di gas serra, uso del suolo, inquinamento delle acque, biodiversità compromessa e energia consumata.
Dietro a un bollino colorato c'è un calcolo complesso, ma l’intento è uno solo: semplificare la sostenibilità, trasformandola in una scelta quotidiana, istintiva, comprensibile. In un mondo dove l’offerta è enorme e il tempo è poco, sapere se il nostro yogurt o la nostra pasta aiutano o danneggiano il pianeta può fare la differenza.
L’Ecoscore non si basa solo sull’impronta di carbonio. Viene calcolato con algoritmi che integrano analisi del ciclo di vita (LCA) del prodotto, ovvero l’intero percorso dal campo alla tavola: dalla produzione agricola all’imballaggio, dal trasporto allo smaltimento. A questi dati si sommano correzioni qualitative legate al tipo di agricoltura (biologica o convenzionale), alla localizzazione, alla stagione e alle pratiche aziendali.
Il risultato viene poi convertito in una scala da A a E, associata a un colore. Proprio come un semaforo. Verde significa impatto basso, rosso impatto elevato. L'obiettivo è stimolare una competizione virtuosa tra aziende e offrire una guida chiara ai cittadini. Più trasparenza, più consapevolezza.
Pensiamo a quanto ha inciso il conteggio delle calorie sull’educazione alimentare degli ultimi vent'anni. L’Ecoscore potrebbe fare qualcosa di simile per l’ambiente. Le persone tendono a fidarsi di etichette semplici e intuitive. Non tutti possono o vogliono leggere un report ambientale ogni volta che fanno la spesa, ma un codice colore immediato può orientare scelte più sostenibili.
Non solo: l’Ecoscore ha il potenziale per spostare la pressione anche sulle aziende, obbligandole a migliorare i propri processi se non vogliono apparire in cattiva luce sugli scaffali. Questo meccanismo di feedback tra produttori e consumatori potrebbe innescare una transizione reale verso pratiche più verdi.
La risposta sta nel mezzo. Oggi non esiste ancora una normativa europea vincolante, ma l’idea si sta facendo strada nei tavoli della Commissione Europea. Esiste però un’Iniziativa dei Cittadini Europei (ECI) registrata ufficialmente, che chiede l’introduzione obbligatoria dell'Ecoscore sui prodotti alimentari. Il documento è stato validato e reso pubblico, aprendo la strada al dibattito e a future proposte legislative.
E in Italia? Al momento, l’Ecoscore non è ancora previsto ufficialmente. Non esiste una legge nazionale che ne imponga l’uso, e nessuna grande catena lo ha ancora adottato su scala diffusa. Tuttavia, l’Italia partecipa ai tavoli europei che ne stanno discutendo l’introduzione. Se il bollino ambientale diventasse obbligatorio a livello UE, anche il nostro Paese dovrebbe adeguarsi. Si ipotizza una possibile adozione tra il 2026 e il 2028, ma molto dipenderà dall’evoluzione del dibattito politico e dalla pressione sociale.
In Francia, Belgio e Paesi Bassi, diverse catene hanno già avviato test volontari. Le reazioni? Positive. I clienti si mostrano interessati e il bollino sembra facilitare scelte più consapevoli. Tuttavia, mancano ancora criteri unificati e standard condivisi: ogni sistema locale usa database e metodi leggermente diversi.
L’Ecoscore, come ogni indicatore sintetico, corre il rischio della semplificazione eccessiva. Ridurre l’impatto ambientale a una sola lettera può oscurare dettagli importanti. Un alimento con punteggio B potrebbe essere migliore in un ambito (ad esempio, minor consumo idrico), ma peggiore in un altro (emissioni più alte).
Inoltre, alcuni esperti segnalano che il sistema non tiene sempre conto della stagionalità o della distanza percorsa, due fattori cruciali per valutare la sostenibilità reale. Infine, l’inclusione di criteri soggettivi può esporre l’Ecoscore a pressioni politiche o industriali.
Nonostante i difetti, l’Ecoscore ha un valore educativo straordinario. Aiuta le persone a riflettere sull’origine del cibo e sul peso ecologico di ogni gesto. Un consumatore più informato è anche un cittadino più attento, pronto a premiare i produttori virtuosi.
L'Unione Europea, che ha già fissato obiettivi ambiziosi nel Green Deal e nella strategia "Farm to Fork", potrebbe sfruttare l’Ecoscore come strumento di convergenza tra politiche agricole, ambientali e industriali. Se integrato con incentivi e regolazioni, il bollino ambientale potrebbe diventare una leva per la transizione ecologica.
La sfida sarà evitare che l’Ecoscore si trasformi in una trovata di marketing, come accaduto in parte con i claim bio o naturali, spesso poco regolamentati. Serve una governance forte, dati trasparenti, controlli rigorosi. Ma serve anche coinvolgimento dei cittadini, perché ogni scelta conta. Ogni etichetta può diventare un atto politico.
Immaginare un carrello della spesa dove ogni prodotto racconta la sua storia ambientale, dove ogni acquisto è anche una dichiarazione di valori, è un orizzonte possibile. L’Ecoscore può essere una bussola nella giungla del consumo, uno strumento per restituire potere a chi compra, giorno dopo giorno.
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