Case a 1 euro in Italia: come funzionano i bandi e perché sono una scelta di sostenibilità

Giulia Tripaldi
September 9, 2025
5 min read

Il silenzio dei borghi abbandonati non racconta solo la nostalgia del passato, ma una delle grandi sfide del presente. Strade vuote, case che crollano, piazze senza voci: così appaiono centinaia di piccoli comuni italiani segnati da decenni di spopolamento. In questo vuoto si è inserita un’idea sorprendente, diventata un fenomeno globale: le case a 1 euro in Italia.

Non si tratta di una semplice trovata di marketing, ma di un progetto politico e culturale che intreccia rigenerazione urbana, turismo e sostenibilità. Da Sambuca di Sicilia a Sedini in Sardegna, da Ollolai a Gangi, i bandi per le case a 1 euro hanno attirato televisioni americane, giornali inglesi e nuovi abitanti da tutto il mondo. Ma come funzionano davvero questi bandi? E perché possono diventare laboratori di ecopolitica e rinascita dei territori?

Che cosa sono le case a 1 euro?

Le case a 1 euro sono immobili abbandonati o in forte degrado che i comuni mettono in vendita a un prezzo simbolico. L’obiettivo non è guadagnare dalla vendita, ma garantire che le abitazioni vengano ristrutturate e tornino a vivere. L’acquirente compra a un euro, ma si impegna a investire nel recupero dell’immobile, con obblighi precisi di tempo e modalità.

L’idea nasce nei primi anni Duemila e si diffonde velocemente in Sicilia, Sardegna e poi in altre regioni. Nel giro di pochi anni diventa virale grazie ai media internazionali: CNN, The Guardian e Reuters raccontano la possibilità di comprare un’intera casa in Italia al prezzo di un caffè. Ma dietro il clamore mediatico c’è molto di più: una visione politica che guarda alla rigenerazione urbana come risposta al degrado e allo spopolamento.

Come funzionano i bandi per le case a 1 euro?

Il cuore dell’iniziativa è il bando comunale. Ogni amministrazione pubblica un avviso con le regole per partecipare. Il funzionamento segue alcuni passaggi comuni:

Gli interessati devono presentare una manifestazione d’interesse, con documenti e un progetto preliminare di restauro. In alcuni casi è richiesta una lettera di motivazione che spieghi come si intende valorizzare l’immobile. Una volta selezionati, gli acquirenti firmano un contratto che prevede un termine di tempo — spesso tre anni — entro cui avviare e completare i lavori di ristrutturazione.

Il prezzo di partenza è sempre simbolico, ma l’acquirente si assume i costi notarili, gli oneri amministrativi e soprattutto le spese di recupero edilizio. Alcuni comuni chiedono anche una cauzione di 2.000-5.000 euro, che viene restituita solo a lavori completati.

In questo modo il comune evita che l’immobile resti fermo e garantisce che chi compra abbia davvero intenzione di investire. Il bando diventa quindi un equilibrio tra politica pubblica e responsabilità privata, in cui la comunità recupera valore senza gravare sulle casse pubbliche.

Ma il funzionamento non è solo burocratico. È anche un indirizzo politico: alcuni bandi, ad esempio, premiano chi integra soluzioni energetiche sostenibili, chi apre attività artigiane o turistiche, chi contribuisce alla vita sociale del borgo. In questo senso il bando è una piccola guida ecopolitica che orienta la rinascita del territorio.

Case a 1 euro e sostenibilità: perché ristrutturare è meglio che costruire

La sostenibilità è la chiave nascosta dietro il successo delle case a 1 euro. Recuperare un edificio esistente significa ridurre consumo di suolo, evitare nuova cementificazione e valorizzare materiali locali.

Molti comuni richiedono che le ristrutturazioni rispettino criteri di efficienza energetica, con infissi sostenibili, cappotti termici, pannelli solari integrati nei tetti storici. Altri incentivano l’uso di materiali naturali, come la pietra o il legno, in continuità con le tradizioni locali.

In questo modo la rigenerazione dei borghi diventa anche un contributo alla transizione ecologica. Non si tratta di costruire nuovo, ma di dare nuova vita all’esistente, trasformando ruderi in case moderne ed efficienti senza cancellare la loro storia.

Esempi concreti di borghi rinati grazie alle case a 1 euro

Alcuni borghi hanno fatto scuola e sono diventati esempi internazionali.

Sambuca di Sicilia: nel 2019 mise all’asta 16 case a 1 euro. L’iniziativa attirò compratori da Stati Uniti e Germania, trasformando il borgo in un laboratorio multiculturale con nuove attività turistiche e commerciali.

Sedini (Sardegna): ha scelto le case a 1 euro come strumento per fermare il calo demografico. Oggi il centro storico sta vivendo un processo di rinascita, con ristrutturazioni in corso e maggiore visibilità turistica.

Ollolai (Nuoro): divenne famoso grazie a un documentario televisivo internazionale. Le case vendute hanno attratto investitori e turisti, portando nuova economia in un’area interna della Sardegna.

Gangi (Palermo): uno dei pionieri del progetto, oggi conta decine di case recuperate e un centro storico che ha ritrovato vitalità.

Questi casi dimostrano che le case a 1 euro funzionano davvero quando sono inserite in una visione politica ampia, che lega restauro, turismo, servizi e coesione sociale.

Quali sono i rischi e i limiti del progetto?

Non tutti i comuni hanno avuto lo stesso successo. Alcuni bandi sono rimasti deserti, altri hanno incontrato ostacoli burocratici. Il costo della ristrutturazione può scoraggiare: dietro l’euro simbolico si nascondono investimenti di decine di migliaia di euro.

C’è poi il rischio che i borghi diventino solo cartoline turistiche, con case restaurate ma non abitate stabilmente. In questi casi la sostenibilità sociale viene meno. Per evitare questo, le amministrazioni devono accompagnare le case a 1 euro con politiche di lungo periodo: infrastrutture digitali, incentivi alle attività economiche, servizi per i nuovi residenti.

La vera sfida è trasformare la curiosità mediatica in rigenerazione reale, evitando che il progetto resti una moda passeggera.

Il ruolo delle politiche europee per la rigenerazione urbana

Le case a 1 euro si inseriscono in un contesto più ampio: quello delle politiche europee per la rigenerazione urbana. La New European Bauhaus promuove progetti che uniscono estetica, inclusione e sostenibilità. Recuperare borghi abbandonati va esattamente in questa direzione.

Inoltre, fondi europei destinati alla transizione ecologica e alle comunità energetiche possono sostenere i piccoli comuni che adottano questo modello. Non si tratta solo di salvare case, ma di trasformare interi territori in avamposti di sostenibilità.

Futuro delle case a 1 euro: turismo lento, smart working e comunità energetiche

Il futuro delle case a 1 euro va oltre la ristrutturazione. In un’epoca segnata da crisi energetiche e nuove forme di lavoro, i borghi possono diventare alternative reali alle metropoli.

Molti nuovi abitanti hanno scelto i piccoli comuni per praticare turismo lento, per lavorare da remoto in spazi autentici, per avviare progetti di agricoltura rigenerativa o partecipare a comunità energetiche rinnovabili.

Le case a 1 euro sono quindi la porta d’ingresso a un ecosistema più ampio, fatto di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. È qui che la ecopolitica si traduce in esperienze di vita quotidiana.

Da trovata mediatica a laboratorio ecopolitico

Le case a 1 euro sono state raccontate come un sogno a buon mercato, ma in realtà rappresentano molto di più. Sono un esperimento politico e culturale che dimostra come i borghi possano rinascere attraverso la sostenibilità.

Se accompagnate da visione e politiche adeguate, queste iniziative possono trasformare i piccoli comuni italiani da simboli di declino a laboratori ecopolitici di rigenerazione urbana. Non sono solo muri che tornano a vivere, ma comunità che ritrovano voce.

Le case a 1 euro non sono quindi la fine di una storia, ma l’inizio di una nuova.

Giulia Tripaldi
September 9, 2025
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