Quando buttiamo qualcosa, ci chiediamo mai davvero dove finisce?

Giulia Tripaldi
August 21, 2025
5 min read

Hai mai gettato un contenitore, uno scontrino, un avanzo di cibo senza pensarci troppo? Lo facciamo tutti, ogni giorno. In un attimo sparisce dal nostro campo visivo e crediamo che il problema sia risolto. Ma quello che buttiamo non scompare. Inizia semplicemente il suo viaggio. E, molto spesso, la sua destinazione finale è la discarica. Lì dove il nostro spreco diventa un problema concreto, ingombrante, pericoloso.

Nel 2025, le discariche non sono più solo enormi buche nella terra. Sono simboli. Simboli di un sistema di produzione e consumo che ha perso l'equilibrio. E ci riguarda più da vicino di quanto pensiamo.

Ma, esistono anche esempi virtuosi che provano a invertire la rotta. In Indonesia, ad esempio, un hotel ha deciso di trasformare i rifiuti dei suoi ospiti in oggetti di design. Plastica, vetro, tessuti e persino olio da cucina vengono ripensati, lavorati, esposti. Come se ci stessero dicendo che quello che chiamiamo rifiuto può avere un altro destino.

Quanto sprechiamo davvero?

Proviamo a guardare i numeri, ma con gli occhi di chi osserva il proprio quotidiano. Ogni cittadino italiano ha prodotto in media 499 kg di rifiuti nel 2023. Immagina 500 bottiglie d'acqua da un litro, tutte tue, accumulate in un anno. Quasi un quinto di questi rifiuti finisce in discarica. Il resto? Solo in parte viene differenziato, riciclato, valorizzato. Il resto si disperde nei meandri di un sistema ancora troppo inefficiente.

Quale percentuale dei nostri rifiuti va in discarica

La risposta dipende da dove vivi. In alcune regioni italiane si supera ancora il 22%. In altre, si scende sotto il 10%. Ma siamo lontani dagli standard di paesi come la Svezia, dove la discarica è quasi un concetto superato. Perché da noi no? Perché in molte zone mancano gli impianti, la volontà politica, ma soprattutto manca una cultura della circolarità.

Cosa succede quando buttiamo qualcosa?

Quel sacchetto che lasciamo al cassonetto affronta un lungo viaggio. Viene raccolto, trasportato, trattato. E se finisce in discarica, resterà lì per decenni, se non secoli. Rilascerà gas serra come il metano, contribuirà all'inquinamento delle falde, occuperà spazio prezioso. Ogni oggetto buttato è un costo per l'ambiente, per la collettività, per le future generazioni. Ma c’è un’altra domanda che possiamo porci: esistono alternative concrete? Sì, e non sono poche. Dall’upcycling creativo al riuso dei materiali da parte di artisti, cooperative e imprese sociali. Realtà che scelgono di guardare al rifiuto non come a una fine, ma come a un nuovo inizio.

E allora, forse, la domanda giusta non è più solo "dove finisce ciò che butto?" ma anche "che altro potrebbe diventare, se ci fermassimo a pensarci?"

Qual è la differenza tra upcycling e recycling?

Immagina di entrare in un hotel a Bali dove ogni elemento di design, ogni arredo, ogni oggetto racconta una storia di recupero. Non solo riciclato. Trasformato con creatività. L'upcycling, al contrario del semplice riciclo, non degrada ma eleva. È un processo creativo in cui il rifiuto diventa valore aggiunto. Come trasformare bottiglie in lampade, o tessuti in borse. Come fa il progetto Sweet Potato Lab del Potato Head Hotel. Non si tratta solo di ambiente. Si tratta di immaginazione applicata alla sostenibilità.

fonte: https://seminyak.potatohead.co

Le attività del settore ospitalità a Bali inviano mediamente il 50% dei loro rifiuti in discarica. Grazie al Community Waste Project, i partner riescono a ridurre questa percentuale fino al 5%, diventando esempi di turismo rigenerativo e sostenibile.

Possiamo davvero vivere senza discariche?

Esistono città che ci stanno provando. Alcune ci riescono. San Francisco ha superato l'80% di rifiuti non inviati in discarica. Anche Milano ha rivoluzionato il trattamento dell'organico. Il segreto? Pensare in modo circolare. Ogni prodotto che usiamo dovrebbe nascere già con una seconda vita in mente. Materiali riciclabili, design intelligente, responsabilità condivisa.

Quanto ci costa tutto questo spreco?

Gestire i rifiuti costa miliardi. Solo in Italia, ogni anno, una fetta importante del bilancio pubblico finisce in trasporto, trattamento, smaltimento. Ma è un investimento che non genera valore. Secondo la Corte dei Conti Europea, passare a un modello circolare potrebbe creare 700.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030. È un'opportunità, non solo una spesa.

Lo spreco è una questione culturale?

Siamo cresciuti in un sistema che glorifica l'usa e getta. Velocità, comodità, consumo istantaneo. Ma questa logica è diventata tossica. Educare alla cura degli oggetti, al riutilizzo, al valore del materiale è una missione culturale. Ecco perché esperienze come quella dell'hotel di Bali vanno raccontate: perché dimostrano che si può vivere bene anche ripensando il nostro rapporto con le cose.

Quali sono le alternative alla discarica?

Compostare gli avanzi, condividere, affittare, riparare. Sono pratiche che stanno tornando. Il riuso distribuito, ad esempio, sta diventando una tendenza concreta: contenitori condivisi, vestiti noleggiati, oggetti ricondizionati. Anche il riciclo chimico, nuova frontiera della tecnologia, promette grandi passi avanti. Ma nessuna tecnologia funzionerà senza un cambiamento prima nelle nostre abitudini.

Perché dovremmo preoccuparci ora?

Perché il tempo stringe. Le discariche sono colme. L'inquinamento avanza. Ma soprattutto, perché le alternative esistono già. Ogni azione quotidiana può contribuire. Anche il modo in cui fai la spesa, scegli un packaging, ti liberi di un vecchio oggetto. Non possiamo più fingere che il problema sia altrove. Il problema è nostro. Ma lo è anche la soluzione.

La fine dello spreco inizia da una nuova visione

Immagina un mondo dove nulla si butta. Dove ogni oggetto è progettato per durare, essere riparato, essere trasformato. Dove i materiali circolano e le persone partecipano. Questo mondo non è un'illusione: sta già nascendo, nei laboratori delle città più attente, nelle comunità più creative, nei progetti più visionari. La domanda non è più se possiamo vivere senza discariche. La vera domanda è: quanto siamo disposti a cambiare per non affondare nello spreco?

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fonti:

  • European Environment Agency (EEA) – Waste statistics and landfill data
    https://www.eea.europa.eu/en/topics/in-depth/waste
  • ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Rapporto Rifiuti Urbani 2024)
    https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/rapporto-rifiuti-urbani-edizione-2024
  • Eurostat – Municipal waste statistics
    https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Municipal_waste_statistics
  • United Nations Environment Programme (UNEP) – Global Waste Management Outlook
    https://www.unep.org/resources/report/global-waste-management-outlook-2024
  • FAO – Food Waste and Resource Use
    https://www.fao.org/platform-food-loss-waste/en
  • Zero Waste Europe – Landfill and waste policy briefing
    https://zerowasteeurope.eu/library/landfilling-and-zero-waste/
  • Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – PNRR, economia circolare e gestione rifiuti
    https://www.mase.gov.it/pagina/pnrr-economia-circolare
  • Potato Head – Waste Lab & Circular Design in Hospitality
    https://seminyak.potatohead.co

Giulia Tripaldi
August 21, 2025
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