Miranda Wang: chi è la giovane scienziata che vuole trasformare la plastica non riciclabile in risorsa

Giulia Tripaldi
December 4, 2025
5 min read

Chi è Miranda Wang e perché la sua storia conta davvero per la sostenibilità?

Ci sono storie che nascono da una scintilla quasi casuale e che poi diventano percorsi di ricerca capaci di influenzare un intero settore. La storia di Miranda Wang appartiene a questa categoria. Nata in Canada da famiglia cinese, ha iniziato a interessarsi alla sostenibilità ambientale durante l’adolescenza, quando visitò un impianto di trattamento dei rifiuti. Di fronte a montagne di plastica sporca e a cumuli di materiali destinati alla discarica, si rese conto che il problema non era soltanto l’uso della plastica, ma l’incapacità di gestire le forme più difficili da riciclare.

Quel momento fu l’inizio di un percorso che l’avrebbe portata a diventare cofondatrice di Novoloop, una delle start-up più promettenti nel campo della chimica circolare. Il suo obiettivo è semplice da enunciare ma complesso da realizzare: trasformare la plastica che oggi finirebbe nelle discariche in materiali ad alte prestazioni. È una missione che tocca temi cruciali come l’economia circolare, la riduzione delle emissioni e l’innovazione tecnologica nell’ambito della sostenibilità.

Miranda Wang è diventata un punto di riferimento internazionale non per slogan o retorica, ma per la capacità di tradurre la ricerca scientifica in soluzioni concrete. La sua storia rappresenta un ponte tra la curiosità giovanile, il rigore scientifico e l’applicazione industriale, elementi che mostrano quanto la scienza possa incidere sulla vita quotidiana.

Che cos’è Novoloop e quale problema vuole affrontare?

Novoloop è una realtà nata dalla domanda che guida l’intero lavoro di Wang: cosa si può fare con la plastica considerata non riciclabile? Gran parte dei rifiuti plastici nel mondo è composta da polietilene a bassa densità, un materiale usato per sacchetti, film protettivi e imballaggi. È un tipo di plastica diffuso e resistente ma anche difficile da trattare con i metodi tradizionali di riciclo. Di solito finisce in discarica o viene bruciato, contribuendo all’aumento delle emissioni e alla dispersione di microplastiche.

L’innovazione di Novoloop consiste nel trasformare questo materiale problematico in sostanze utili per creare prodotti di valore. Il processo si concentra sulla trasformazione chimica del polietilene in composti che possono essere utilizzati per realizzare materiali elastici, schiume tecniche o componenti per l’industria sportiva e automobilistica. In questo modo un rifiuto difficile si converte in una risorsa che sostituisce materiali spesso più inquinanti.

Il cuore della tecnologia sviluppata da Wang e dal suo team risiede in un processo chiamato upcycling chimico, una forma avanzata di riciclo che non si limita a sciogliere la plastica ma la scompone e la ricostruisce a livello molecolare. Questa prospettiva permette di ottenere materiali con caratteristiche superiori a quelle originali, riducendo l’impatto ambientale e aprendo la strada a una gestione più intelligente dei rifiuti.

Come funziona il processo di upcycling chimico sviluppato da Novoloop?

Il processo si basa su una sequenza di reazioni chimiche che frammentano la struttura del polietilene. Gli scienziati di Novoloop hanno progettato catalizzatori e condizioni operative che rompono le catene polimeriche senza richiedere temperature estreme o grandi quantità di energia. L’obiettivo è mantenere l’intero sistema efficiente, riducendo al minimo l’impronta ambientale della trasformazione.

La plastica viene sottoposta a un trattamento che consente di separarne i componenti e ottenere molecole più utili per l’industria moderna. Il risultato è un materiale chiamato ODC (Oxidized Derivative Compound), che può essere incorporato in prodotti ad alte prestazioni. Questa tecnologia dimostra che la plastica non deve per forza essere un materiale destinato a breve vita e lunga contaminazione, ma può diventare parte di un ciclo produttivo più sostenibile.

Non si tratta solo di una soluzione scientifica, ma di un modo diverso di immaginare l’intero sistema dei rifiuti. Se il polietilene a bassa densità può essere trasformato in qualcosa di valorizzabile, la quantità di plastica che finisce in discarica può ridursi in modo significativo. L’idea di Wang apre la porta a una transizione verso un approccio più responsabile ai materiali, in cui ciò che oggi consideriamo rifiuto può diventare materia prima.

Miranda Wang (a sinistra) esamina rifiuti plastici insieme a Emily Hanson, direttrice dello sviluppo commerciale di GreenWaste Recovery, a San Jose, California. (Foto: © Rolex/Bart Michiels)

Quali risultati ha ottenuto finora Novoloop e che cosa cambia per la sostenibilità?

Novoloop ha già realizzato un impianto pilota, una tappa cruciale per passare dalla teoria alla produzione industriale su piccola scala. Questo passaggio è fondamentale perché permette di verificare la stabilità del processo, misurare il consumo energetico, valutare l’impatto ambientale e osservare come il materiale reagisce nel tempo. È anche il momento in cui il team può capire se la tecnologia è competitiva rispetto ai metodi tradizionali.

Uno degli aspetti più interessanti è il potenziale beneficio in termini di riduzione delle emissioni. Tradizionalmente il polietilene viene smaltito tramite incenerimento, una pratica che rilascia nell’atmosfera grandi quantità di gas serra. Convertirlo in materiali utili permette non solo di evitare l’incenerimento, ma anche di sostituire materiali più inquinanti. Ciò crea un duplice vantaggio: meno rifiuti e meno CO₂.

Il lavoro di Novoloop contribuisce a un cambiamento culturale oltre che tecnico. La plastica non è solo un materiale da eliminare; è una risorsa che richiede nuove strategie di gestione e nuovi metodi di valorizzazione. La visione di Wang mostra come la chimica sostenibile possa diventare una soluzione concreta ai problemi ambientali più urgenti.

Quali sfide deve affrontare la tecnologia di Miranda Wang per diffondersi su larga scala?

Ogni innovazione incontra limiti e ostacoli, e quella di Novoloop non fa eccezione. Il primo riguarda la scalabilità. Passare da un impianto pilota a una produzione industriale richiede investimenti significativi e un livello di controllo tecnico molto elevato. La tecnologia deve dimostrarsi stabile, affidabile e conveniente rispetto ai metodi esistenti.

Un secondo ostacolo riguarda la disponibilità di plastiche adeguate. Il polietilene a bassa densità è molto diffuso, ma spesso è contaminato da residui alimentari o da altri materiali che complicano il processo. Per questo motivo è necessario migliorare i sistemi di raccolta e di pretrattamento dei rifiuti, affinché la plastica arrivi agli impianti in condizioni adeguate.

C’è anche la questione normativa. La transizione ecologica richiede leggi che incentivino i nuovi metodi di riciclo, ma in molti Paesi le regole sono ancora orientate a modelli tradizionali. L’adozione di tecnologie innovative come l’upcycling chimico dipende anche dalla volontà politica e dalla capacità di favorire l’industria verde.

Nonostante questi limiti, la visione di Wang continua ad attirare l’attenzione di investitori, istituzioni e ricercatori. Il suo lavoro è un promemoria di quanto la scienza possa essere un motore di cambiamento e di quanto sia importante sostenere la ricerca che guarda oltre le soluzioni convenzionali.

Perché la storia di Miranda Wang è importante per il futuro della sostenibilità?

La storia di Miranda Wang ricorda che la sostenibilità non è solo una questione ambientale, ma anche una questione culturale e scientifica. È il risultato di idee nuove che nascono nel momento in cui ci si accorge che il sistema attuale non funziona più. Wang ha dimostrato che il coraggio di fare domande diverse può portare a soluzioni che cambiano la percezione di un problema diffuso come quello della plastica.

Il suo approccio mostra che il riciclo non deve essere limitato ai metodi esistenti, ma può evolversi grazie alla chimica circolare e alle tecnologie avanzate. Dimostra anche che la sostenibilità non è un obiettivo astratto: è un processo costruito attraverso esperimenti, fallimenti, scoperte e piccoli progressi quotidiani.

La storia di Wang invita a considerare i rifiuti come parte di un ciclo più ampio. Ci ricorda che ogni materiale ha un potenziale che dipende dalle nostre capacità tecniche e dalla volontà di innovare. Per questo la sua figura è importante per chi si occupa di ambiente, per chi lavora nel settore industriale e per chi crede che la scienza possa guidare un cambiamento reale.

Come l’upcycling di Miranda Wang potrebbe trasformare il futuro della plastica

L’upcycling sviluppato da Miranda Wang rappresenta una delle strade più promettenti per affrontare il problema della plastica non riciclabile. La sua tecnologia offre una via concreta per ridurre i rifiuti, limitare le emissioni e creare materiali più sostenibili. In un mondo che produce quantità crescenti di plastica, soluzioni come questa diventano fondamentali per costruire un sistema più equo e responsabile. Il futuro della sostenibilità passa anche attraverso la capacità di trasformare ciò che consideriamo scarto in una risorsa preziosa, e il lavoro di Wang dimostra che questo percorso è possibile.

Gallery

Giulia Tripaldi
December 4, 2025
5 min read