Sembra una scena uscita da un film post-apocalittico: milioni di pneumatici ammucchiati nel deserto, file infinite di gomma nera che si estendono a perdita d’occhio, un paesaggio tanto surreale quanto reale. Non è finzione. Per anni, nel cuore del Kuwait, uno dei Paesi più ricchi di petrolio al mondo, è esistita una delle discariche di pneumatici più grandi mai registrate. Un luogo che ha attirato l’attenzione dei media internazionali non solo per le dimensioni, ma soprattutto per le conseguenze ambientali e sanitarie che ha comportato.
Lì, dove la sabbia si mescola alla gomma bruciata, l’uomo ha lasciato un segno tangibile della sua incapacità di gestire un rifiuto tanto comune quanto complesso. Ma questa storia non è solo un monito: è anche l’inizio di una trasformazione, una sfida che tocca da vicino il nostro modello di consumo e smaltimento.
La famigerata discarica si trovava a Sulaibiya, a circa 35 chilometri da Kuwait City, in una zona semidesertica. Si stima che nel sito siano stati stoccati oltre 42 milioni di pneumatici usati, creando un gigantesco cimitero nero visibile anche dallo spazio.
L’area occupava circa 2 chilometri quadrati, ed è stata per lungo tempo una bomba ecologica innescata. Nel corso degli anni, infatti, si sono verificati numerosi incendi, il più grave nel 2021, che ha generato una densa nube tossica, visibile anche a centinaia di chilometri di distanza. Le sostanze sprigionate dalla combustione – tra cui diossine, idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti – hanno sollevato preoccupazioni per la salute pubblica e per l’ambiente.
Oggi, grazie a un ambizioso progetto di recupero, la zona è stata bonificata e i pneumatici trasferiti altrove. Ma la memoria di quel luogo resta un simbolo delle sfide ancora aperte in tema di gestione sostenibile dei rifiuti.
La domanda è semplice, ma la risposta è molto più articolata. Ogni anno, nel mondo, vengono dismessi circa 1 miliardo di pneumatici usati. E sebbene una parte venga riciclata o riutilizzata, una fetta significativa finisce ancora in discariche abusive o siti di stoccaggio temporaneo.
In molti casi, i pneumatici vengono esportati in Paesi con normative ambientali meno stringenti, dove il loro smaltimento è più economico. Oppure vengono semplicemente abbandonati in zone isolate, accumulando rischi ambientali, igienico-sanitari e incendiari. I pneumatici, infatti, non sono biodegradabili e impiegano centinaia di anni per degradarsi. Nel frattempo, possono diventare habitat per insetti, emettere sostanze tossiche o finire in fiamme, con conseguenze devastanti.
La loro gestione richiede quindi sistemi ben organizzati, impianti di riciclo specializzati e normative chiare. Fortunatamente, negli ultimi anni sono aumentati i progetti di economia circolare che puntano al riutilizzo creativo della gomma.
Una parte dei pneumatici dismessi viene riciclata meccanicamente: vengono triturati per ottenere granuli di gomma, usati in asfalti modificati, pavimentazioni sportive, campi da gioco o piastrelle in gomma. Altri vengono trasformati in combustibile alternativo per cementifici e centrali elettriche, anche se questa soluzione è controversa per l’impatto ambientale.
Sempre più diffusi sono anche i progetti artistici, architettonici e di design che utilizzano la gomma riciclata per creare oggetti, arredi o installazioni. E in alcuni Paesi, come l’Italia, esiste un sistema chiamato “PFU – Pneumatici Fuori Uso”, che obbliga produttori e importatori a garantire il corretto smaltimento e recupero.
Ma resta ancora molta strada da fare. In molti Stati, soprattutto in Africa e Medio Oriente, i sistemi di gestione sono inesistenti o insufficienti. E proprio in questi contesti nascono mostri come Sulaibiya, dove i rifiuti diventano una minaccia quotidiana.
La storia della discarica kuwaitiana ci mette davanti a un paradosso: in un Paese ricco di risorse, si è lasciata proliferare una bomba ecologica per anni. Ma allo stesso tempo dimostra che è possibile invertire la rotta, se c’è la volontà politica e l’investimento in tecnologie.
Nel 2021, il Kuwait ha avviato la rimozione e ricollocamento dei pneumatici a al-Salmi, vicino al confine con l’Arabia Saudita, in un impianto di riciclo moderno. L’area bonificata ospiterà la futura Saad Al-Abdullah City, un nuovo centro urbano con 25.000 abitazioni e una popolazione stimata di oltre 400.000 persone. Da “cimitero di gomme” a città del futuro: una trasformazione simbolica che fa ben sperare.
Ogni volta che cambiamo le gomme dell’auto, contribuiamo a un sistema che deve funzionare responsabilmente. Sapere dove vanno a finire i pneumatici usati e come possiamo ridurre il nostro impatto non è solo una curiosità, ma una forma di consapevolezza ambientale.
Possiamo scegliere prodotti più duraturi, chiedere informazioni al gommista, sostenere aziende che riciclano responsabilmente. E possiamo pretendere, come cittadini, che anche i nostri Paesi non si voltino dall’altra parte.
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