Chernobyl, 40 anni dopo: la vita oltre l’uomo

Giulia Tripaldi
July 3, 2025
5 min read

Nel 1986, il nome Chernobyl è diventato sinonimo di catastrofe. Oggi, quasi 40 anni dopo l’incidente nucleare, quel luogo torna a far parlare di sé, ma per un motivo diverso. La natura sta tornando, silenziosa e sorprendentemente vitale, in una delle aree più radioattive del pianeta.

Cosa significa davvero vivere (o non vivere) oggi a Chernobyl?
Quanto è pericolosa? E tornerà mai abitabile?

In questo viaggio tra paesaggi contaminati e rinascita ecologica, esploreremo le risposte, senza retorica, ma con i dati e le immagini che il mondo ci restituisce.

Come si vive adesso a Chernobyl?

Non si vive. O almeno, non ufficialmente.
Dal 1986, l’intera zona di esclusione — un’area di circa 30 km attorno al reattore — è stata evacuata. Ma non è rimasta del tutto vuota. Negli anni, circa 150 “ritornati”, perlopiù anziani, sono tornati illegalmente nei loro villaggi, vivendo in condizioni rurali e isolate.

Pripyet view - Panorama di una piazza di Pripyat, Ucraina, maggio 2010 (Bo Nielsen, aprile 2011)

Oggi, Chernobyl è una zona accessibile solo per scienziati, tecnici, militari, e gruppi turistici autorizzati. Le visite sono possibili, ma rigidamente controllate. Non ci sono città attive, né servizi. Solo Pripyat, la famosa città fantasma con la ruota panoramica immobile e le scuole abbandonate.

Ma la vera presenza oggi è un’altra: gli animali.

Negli ultimi due decenni, la zona è diventata un laboratorio vivente di rewilding involontario. Senza la pressione umana, lupi, linci, cinghiali, alci, aquile di mare, orsi e persino cavalli selvatici (i Przewalski) hanno colonizzato l’area. Secondo studi pubblicati sulla rivista Current Biology, la biodiversità nella zona è uguale o superiore a quella di riserve naturali vicine non contaminate.

In assenza dell’uomo, la natura ha trovato un modo per prosperare.
E non è l’unico posto dove sta accadendo.

Quanto è ancora radioattiva Chernobyl?

La risposta breve è: dipende da dove metti i piedi.
L’intero sito rimane una delle aree più contaminate al mondo, ma la radioattività non è uniforme. Alcune zone presentano livelli relativamente bassi, altre sono ancora altamente pericolose, soprattutto nei pressi del reattore n.4.

Nel 2016 è stato completato il nuovo sarcofago, un’enorme struttura in acciaio lunga 275 metri che copre l’intero reattore esploso, progettata per durare almeno 100 anni. Questo ha ridotto le emissioni radioattive, ma il combustibile nucleare fuso all’interno non è stato rimosso: continua a rappresentare un rischio.

Anche le foreste circostanti — spesso chiamate "foreste rosse" per via della vegetazione che assorbì le radiazioni — accumulano cesio-137 e stronzio-90. Lì, il pericolo è più legato al rischio di incendi, che rilascerebbero nuovamente le particelle radioattive nell’aria.

Tuttavia, la vita animale sembra resistere meglio di quanto si pensasse. Alcuni ricercatori ipotizzano che l’assenza di interferenza umana compensa in parte l’effetto negativo delle radiazioni.

Il reattore di Chernobyl è ancora attivo?

No, il reattore n.4 non è più attivo da aprile 1986, quando esplose e iniziò l’incendio nucleare più grave della storia. Ma questo non significa che sia stato del tutto “spento”.

L’intero sito rimane sotto stretta sorveglianza, e operazioni di monitoraggio, contenimento e manutenzione continuano costantemente. Nel 2021, segnali di aumento dell’attività di neutroni in una delle stanze più contaminate (la “stanza 305/2”) hanno allarmato gli scienziati, ma la situazione è rimasta sotto controllo.

Il vero problema è che gran parte del combustibile nucleare fuso — un materiale chiamato “corium” — è ancora lì. Non può essere rimosso facilmente, né seppellito in sicurezza. È come un vulcano dormiente: inattivo, ma non inoffensivo.

Quando tornerà abitabile Chernobyl?

Secondo gli esperti, non nel futuro prossimo. Alcune stime parlano di almeno 20.000 anni prima che tutta l’area possa tornare a uno stato di normalità biologica completa. Ma anche qui la realtà è sfumata.

The Lab - Ingresso di un ufficio della centrale atomica (Bo Nielsen, aprile 2011)

Già oggi, alcune zone periferiche vengono sperimentate come campi di coltivazione a scopo scientifico. I “ritornati” vivono lì da anni senza sviluppare malattie legate alle radiazioni — anche se in piccoli numeri non è statistico.

Alcuni parlano di un possibile “uso parziale” dell’area in un futuro più vicino: produzione di energia solare, conservazione ecologica, o laboratori scientifici permanenti. Ma la vera abitabilità urbana resta un’ipotesi lontana.

Altri luoghi dove la natura ha ripreso spazio

Chernobyl non è un’eccezione. Esistono altri luoghi, abbandonati per motivi diversi, dove la natura ha riconquistato il suo ruolo:

  • Detroit, negli USA, è diventata un caso-studio diurban rewilding: edifici coperti di vegetazione, falchi urbani, vetrine trasformate in serre.
  • InRomania, nei Balcani e nei Pirenei, ex zone agricole stanno tornando foreste, con bisonti europei e lupi che ripopolano l’area.
  • L’isola diHashima in Giappone è oggi un paesaggio distopico e naturale insieme: cemento in rovina e piante che crescono sulle impalcature.
  • IlSalton Sea in California è un esempio di ecosistema mutante, nato dall’abbandono e dalla siccità.

Questi luoghi condividono una verità: quando l’uomo si ritira, la natura non aspetta. Ritorna. Cambia. Si adatta.

Il significato di Chernobyl oggi

Più che un simbolo di disastro, oggi Chernobyl è un luogo di riflessione profonda. Un promemoria di ciò che può accadere quando spingiamo troppo in là il controllo, ma anche una testimonianza della resilienza biologica.

Come scrive Franco Lai nel suo saggio Antropocene:

“Non si tratta di raccontare la fine del mondo, ma di fare un passo fuori dalla scena. Osservare cosa succede se la Terra respira senza di noi.”

E come mostra Alan Weisman in Il mondo senza di noi:

“La natura si riprenderebbe tutto. Anche se non più com’era prima.”

Chernobyl non tornerà mai com’era. Ma questo non significa che sia un luogo morto. Anzi. È un laboratorio vivente di futuro.
Un invito a ripensare il nostro ruolo.
Non a sparire. Ma a fare spazio.
Anche solo un po’.

Gallery

Fonti

  1. [Franco Lai,Antropocene, Editpress, 2020]
  2. [Alan Weisman,Il mondo senza di noi, Einaudi, 2010]
  3. Current Biology – Wildlife Populations in Chernobyl, 2015
  4. IPCC, AR6 Synthesis Report, 2023
  5. IPBES, Global Assessment Report on Biodiversity, 2019
  6. WWF, Living Planet Report 2024
  7. NASA Earth Observatory – Rewilding & Urban Abandonment

Giulia Tripaldi
July 3, 2025
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