Sembra incredibile, ma anche una semplice email ha un impatto ambientale. E oggi vogliamo portarvi dietro le quinte del mondo digitale. Perché sì, anche se non la vediamo, ogni azione online lascia una traccia fisica nel mondo reale: un consumo di energia, un passaggio attraverso infrastrutture nascoste, un pizzico di CO2 in più nell’atmosfera.
In questo articolo vi mostriamo in modo semplice e diretto come funziona l’inquinamento digitale, quanto pesa davvero una mail e perché è utile iniziare a pensarci. Non per sentirsi in colpa, ma per essere più consapevoli e leggeri — anche quando clicchiamo su “Invia”.
Quando scriviamo un messaggio e lo inviamo, quel testo non "viaggia nell'aria" come qualcosa di astratto. Viene elaborato da dispositivi (il nostro computer o telefono), inviato attraverso router e reti, elaborato da server di posta elettronica, archiviato nei data center e infine ricevuto dal dispositivo del destinatario. In ciascuna di queste fasi viene usata energia elettrica, che in gran parte del mondo proviene ancora da fonti fossili. Questo comporta una emissione di CO2.
I data center sono tra gli attori principali di questo processo. Sono luoghi fisici, spesso immensi, pieni di computer che funzionano 24 ore su 24, con sistemi di raffreddamento potenti per evitare il surriscaldamento. Secondo l'International Energy Agency (IEA), nel 2022 i data center a livello globale hanno consumato tra 240 e 340 TWh di elettricità, pari a circa l'1-1,3% della domanda elettrica globale. Con l'esplosione dell'intelligenza artificiale e dell'uso massivo del cloud, il dato è in crescita.
Non tutte le email hanno lo stesso peso ambientale. Una mail di testo semplice ha un impatto molto basso. Ma una mail con allegati pesanti, immagini, presentazioni o PDF, può generare un consumo più significativo. Secondo una stima dell'Agenzia francese per la transizione ecologica (ADEME), inviare una email standard di testo produce in media 4 grammi di CO2. Se ci sono allegati, si può arrivare anche a 50 grammi o più.
Sembra poco? Forse. Ma se moltiplichiamo per il numero di mail inviate ogni giorno nel mondo (oltre 330 miliardi, dati Statista 2023), il totale diventa importante. Ecco che un gesto quotidiano, che compiamo senza pensarci, assume una nuova dimensione.
Facciamo un piccolo confronto:
In un'azienda con centinaia di dipendenti, scambiarsi decine di mail al giorno (molte inutili, in copia per sicurezza o per abitudine) significa generare un flusso costante di consumo digitale. E quindi di emissioni.
Assolutamente no. Il punto non è smettere, ma essere consapevoli. Ridurre le mail non necessarie, evitare le catene di risposte inutili, fare pulizia regolare della casella di posta (ogni gigabyte archiviato ha un impatto), usare link invece di allegati pesanti quando possibile: tutto questo aiuta.
È un piccolo gesto, certo. Ma l'abitudine alla leggerezza digitale è parte della più ampia cultura della sostenibilità quotidiana. Perché anche il modo in cui usiamo la tecnologia fa parte del nostro rapporto con l'ambiente.
Guardare un video in HD, archiviare migliaia di foto sul cloud, scaricare app inutilizzate, mantenere notifiche sempre attive: ogni azione digitale ha un peso. Secondo uno studio pubblicato su Nature nel 2020, l'intera infrastruttura di Internet potrebbe raggiungere fino all'8% del consumo elettrico globale entro il 2030. E questo vale anche per tecnologie come il 5G, le criptovalute e l'intelligenza artificiale.
Questo non significa demonizzare la tecnologia. Anzi. Il digitale può essere anche uno strumento potente per l'efficienza, la comunicazione sostenibile, la dematerializzazione. Ma va usato con criterio.
La parola chiave è leggerezza. Tenere in ordine il proprio spazio digitale è come fare decluttering in casa: libera spazio, velocizza i dispositivi e riduce lo stress (digitale ed energetico).
Azioni semplici, ma se adottate su larga scala, hanno un impatto positivo.
Le grandi aziende tech stanno iniziando a prendere coscienza del problema. Google, Apple, Microsoft, Amazon Web Services dichiarano di puntare alla carbon neutrality, e in alcuni casi già alimentano i propri data center con energia rinnovabile. Ma la partita non è chiusa: il fabbisogno energetico cresce, e i ritmi con cui cresce la domanda digitale sono più veloci della diffusione delle soluzioni verdi.
Nel frattempo, anche noi possiamo fare la nostra parte.
Secondo i dati dichiarati da Google, una singola ricerca produce circa 0,2 grammi di CO2. Anche qui, la cifra è minima, ma diventa significativa se moltiplicata per miliardi di utenti. L’azienda stessa, consapevole dell’impatto, ha dichiarato l’obiettivo di operare completamente senza emissioni entro il 2030, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
La prossima volta che scrivi una mail, non devi sentirti in colpa. Ma sapere che anche i gesti digitali hanno un peso ci aiuta a scegliere meglio. Come tutto nella sostenibilità, non si tratta di essere perfetti, ma di essere più consapevoli.
Perché il cambiamento parte anche da una posta più leggera.
Fonti