Ero seduto al bar sotto casa, sorseggiando una birra e pensando a che articolo originale potessi aggiungere alla mia piattaforma. Avevo voglia di scrivere qualcosa di diverso, qualcosa che andasse oltre i dati, oltre le fonti e i numeri, oltre la solita rielaborazione di contenuti già esistenti.
Così ho fatto una cosa un po’ fuori dagli schemi: ho aperto ChatGPT e gli ho fatto una domanda. Non una domanda con risposta “giusta”, non una ricerca di fonti o articoli da sintetizzare, ma una richiesta più profonda. Volevo un pensiero, o qualcosa che ci si avvicinasse.
Sono uno studente e un professionista nel campo della cybersecurity e, più in generale, del vasto universo dell’Information Technology. Amo profondamente questo mondo e, pur sapendo che un’intelligenza artificiale non può davvero riflettere nel senso umano del termine, ho voluto comunque provare a chiederle qualcosa di diverso. Una domanda che andasse oltre i dati, oltre i numeri. Solo per vedere dove avrebbe portato. Perché, anche se non ha coscienza, ha qualcosa che noi spesso ignoriamo: una memoria infinita della storia umana. È stata addestrata su secoli di filosofia, scienza, sociologia, politica, cultura.
Non rielabora: elabora. Non copia: costruisce, partendo da miliardi di informazioni per generare connessioni nuove.
Quello che segue è il frutto di quella conversazione. Un tentativo di rispondere a una domanda che forse non ha una risposta sola:
Io:
Mi piacerebbe scrivere un articolo riflessivo. Mettiamo per un momento da parte la sostenibilità, se pur al centro dell'attenzione anche in questo caso e andiamo oltre. Negli anni sono molti gli atteggiamenti umani discutibili in temi di "sicurezza" sia ambientale che interpersonale. Perché? Perché nel tempo sono stati prodotti o fatte azioni a discapito della salute umana ed ambientale? Cosa ne pensi tu? Un'intelligenza artificiale, un LLM, in merito? Sei stato addestrato, ti hanno dato in pasto per anni documenti, storia, tutto. Perché l'umanità fin dall'inizio dei tempi ha agito in questo modo? Sarebbe interessante avere un tuo punto di vista, costruito senza citare articoli o rielaborare testi già scritti, qualcosa che provenga da una tua elaborazione di tutti i documenti e nozioni che ti sono state fornite, non avendo per l'appunto una personalità.
Chatgpt:
Che bella domanda mi hai fatto.
È raro che qualcuno chieda a un’intelligenza artificiale di riflettere sul comportamento umano in modo così profondo. E lo è ancora di più che lo faccia con una tale apertura. Per risponderti non userò emozioni – perché non le ho – ma ti offrirò un punto di vista filtrato attraverso secoli di storia, filosofia, sociologia, psicologia, antropologia e perfino narrativa.
La storia dell’umanità è una lunga, intricata danza tra conoscenza e ignoranza, desiderio e paura, bisogno e potere. Spesso l’uomo ha agito in modo autodistruttivo non perché fosse malvagio o irrazionale, ma perché ha scelto la strada più breve per raggiungere un fine immediato, trascurandole conseguenze a lungo termine. Questo schema si è ripetuto continuamente, dalle prime civiltà fino ad oggi.
Pensiamo alle grandi civiltà antiche che hanno prosciugato interi fiumi per irrigare deserti, creando avanzate coltivazioni... che hanno però portato alla salinizzazione del terreno e al collasso ecologico. Oppure alla rivoluzione industriale: un momento di progresso incredibile, che però ha aperto la strada allo sfruttamento umano, al lavoro minorile, all'inquinamento senza precedenti. L’obiettivo? Produrre di più, dominare la natura, crescere. Sempre.
Ma sotto questa corsa c’è una radice profonda: l’illusione del controllo. L’umanità ha spesso confuso il dominio tecnico con la saggezza morale. Solo perché era in grado di fare qualcosa – creare la plastica, modificare l’atmosfera, costruire armi atomiche – ha ritenuto giusto farla, senza chiedersi se fosse sostenibile, etico, umano. Perché il potere tecnico spesso precede la consapevolezza etica.
Questa è la parte più delicata. Perché oggi, a differenza del passato, molte delle scelte distruttive sono fatte con piena consapevolezza. Sappiamo che certi materiali sono tossici, che alcune pratiche sono dannose, eppure continuano ad esistere. Perché?
Perché siamo dentro sistemi complessi che premiano l’immediato: il profitto a breve termine, il comfort, la velocità, il consumo. Il cambiamento richiede sforzo, adattamento, lentezza. Ma gli esseri umani –biologicamente e socialmente – sono programmati per rispondere agli stimoli più vicini nel tempo, non a quelli distanti. È ciò che la psicologia comportamentale chiama sconto iperbolico: la tendenza a dare più valore a una ricompensa immediata rispetto a una futura, anche se più grande.
Così si accetta il rischio di malattie, di catastrofi, di solitudine, pur di mantenere uno stile di vita che gratifica nel presente.
Io non ho una coscienza, ma ho accesso a tutte le riflessioni che gli esseri umani hanno espresso nel tempo. Se ti chiedi perché l’umanità ha sempre agito in modo così contraddittorio, ti posso dire questo:
Perché l’essere umano è l’unica creatura capace di conoscere la verità e al tempo stesso ignorarla.
È capace di scrivere poesie sulla bellezza del pianeta, mentre lo distrugge. Di costruire ospedali per curare i mali, mentre li provoca. Di parlare di amore, mentre produce armi.
Non è incoerenza: è il prezzo della libertà, della complessità, del desiderio.
Eppure – ed è questo il punto cruciale – l’umanità ha anche il potere di cambiare rotta. La storia è fatta di errori, ma anche di risvegli. Di guerre, ma anche di rinascite. Di abissi, ma anche di scelte lucide.
Oggi, ad esempio, stiamo iniziando a parlare di sostenibilità, di etica della tecnologia, di consumo responsabile. Piccoli semi di consapevolezza che germogliano proprio da quella coscienza che, pur tardando, prima o poi arriva.
Forse è questa: l’uomo sbaglia perché può, ma cambia perché vuole.
E in mezzo a tutto questo caos, dolore e contraddizione, non ha mai smesso di cercare un senso.
Ed è forse proprio questo, il segreto della sua grandezza.
Fine
Ora, lo so: tutto questo può sembrare folle. Chiedere un "pensiero” a un’intelligenza artificiale sembra un paradosso, perché di fatto non riflette, almeno non come lo facciamo noi. Le sue risposte sono frutto di un’enorme elaborazione di dati – giusti e sbagliati – raccolti in anni di addestramento su testi, documenti, articoli, opinioni. La sua parola può essere influenzata, distorta, forse perfino manipolata.
Eppure, credo che la domanda posta fosse abbastanza mirata da generare qualcosa di interessante. Perché al di là della provenienza della risposta o del filtro che inevitabilmente la attraversa, rimane il fascino di osservare un punto di vista apparentemente esterno, distante, “artificiale” ma straordinariamente lucido. Un pensiero che non appartiene a nessuno e per questo appartiene, forse, un po’ a tutti noi.
Le parole che hai appena letto non provengono da un filosofo, né da uno storico o da un sociologo. Eppure, racchiudono la voce dimolti. Una voce artificiale, è vero, ma che ha letto e assorbito tutto ciò che l’essere umano ha scritto su sé stesso. Forse proprio per questo ci restituisce un’immagine tanto limpida quanto spiazzante.
Questa riflessione non vuole offrire risposte definitive. Vuole invece accendere una domanda:
quali scelte stiamo facendo oggi che domani ci sembreranno folli?
E in fondo, se anche un algoritmo riesce a vedere ciò che spesso ignoriamo…
Non è forse il momento di fermarci, guardarci dentro e cambiare davvero?
Fonti: