L’inquinamento da plastica è uno dei problemi ambientali più gravi del nostro tempo. Ogni anno oltre 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, danneggiando gravemente gli ecosistemi marini e mettendo a rischio la salute umana. In questo scenario, le bioplastiche rappresentano una soluzione promettente e rivoluzionaria. A renderle possibili sono proprio i microrganismi, in particolare i batteri, che attraverso processi naturali possono produrre materiali biodegradabili capaci di sostituire la plastica convenzionale.
Alcuni batteri, se sottoposti a particolari condizioni di stress, sono in grado di produrre poli-idrossialcanoati (PHA), una forma di bioplastica completamente biodegradabile. Il PHA si accumula come riserva energetica all’interno delle cellule batteriche e può poi essere estratto per realizzare bioplastiche. La caratteristica più importante è che questi materiali si decompongono naturalmente entro 6-12 mesi, senza rilasciare microplastiche o sostanze tossiche, rendendoli una valida alternativa ecologica alla plastica tradizionale.
Le bioplastiche prodotte dai microrganismi hanno diversi vantaggi rispetto alla plastica convenzionale. La biodegradabilità è il primo aspetto chiave: mentre le plastiche derivate dal petrolio possono resistere nell’ambiente per oltre 400 anni, i PHA si degradano in pochi mesi. Inoltre, la loro produzione è sostenibile, perché i batteri possono essere alimentati con scarti organici provenienti da agricoltura e industria alimentare. Ciò consente di ridurre sia l’uso di risorse fossili sia le emissioni di gas serra, che risultano inferiori del 30-80% rispetto alla plastica tradizionale.
Le bioplastiche microbiche non solo sostituiscono la plastica, ma offrono anche una doppia opportunità: ridurre le emissioni climalteranti e contrastare l’inquinamento da microplastiche. A differenza della plastica convenzionale, che si frammenta in particelle microscopiche persistenti nell’ambiente, i PHA si degradano senza lasciare residui. Questo aspetto è particolarmente importante per oceani e mari, dove le microplastiche sono ormai presenti in ogni ecosistema e nella catena alimentare umana.
Le bioplastiche da batteri sono un campo di ricerca in rapida espansione. L’ingegneria genetica permette di aumentare la resa produttiva dei microrganismi, riducendo i costi industriali fino al 50%. Tra le aziende all’avanguardia troviamo Mango Materials, che utilizza il gas metano come nutrimento per i batteri, trasformandolo in bioplastica, e Bio-on, realtà italiana che ha sviluppato soluzioni su scala industriale per portare queste bioplastiche sul mercato globale.
Il settore sta attirando sempre più investimenti. Start-up e multinazionali stanno sperimentando diversi approcci per rendere le bioplastiche competitive: dall’uso di rifiuti organici come materia prima, fino all’impiego di fonti rinnovabili per alimentare i processi di fermentazione batterica. Questo scenario apre la strada a una nuova economia circolare, dove i rifiuti diventano risorse preziose per produrre materiali sostenibili.
Nonostante le potenzialità, restano ostacoli da superare. I costi di produzione delle bioplastiche microbiche sono ancora superiori del 20-50% rispetto alla plastica convenzionale. La sfida principale è aumentare la scala produttiva e migliorare le tecniche di fermentazione. Un altro punto critico riguarda l’integrazione normativa: le politiche europee, come il divieto alla plastica monouso, possono accelerare la diffusione delle bioplastiche, ma servono anche incentivi economici per rendere il settore competitivo.
La produzione di bioplastiche attraverso i batteri rappresenta una vera rivoluzione sostenibile. Tuttavia, siamo ancora in una fase iniziale: servono investimenti, ricerca e politiche di sostegno per renderle una soluzione su larga scala. L’obiettivo di un futuro libero dalla plastica tradizionale non è un’utopia, ma una sfida che richiede tempo e impegno collettivo. Se riusciremo a rendere queste innovazioni accessibili e competitive, potremo davvero immaginare un mondo più pulito e sostenibile, dove le bioplastiche non saranno più un’alternativa, ma la norma.
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