Sembra uno scherzo, ma non lo è. In Russia, un gruppo di allevatori ha davvero testato dei visori per realtà virtuale... su delle mucche. L'obiettivo? Farle sentire più serene, simulate in un prato soleggiato anche se attorno a loro c’era solo nebbia e cemento.
Dietro questa notizia bizzarra si nasconde una riflessione più profonda su benessere animale, tecnologia e agricoltura del futuro. Ma procediamo con ordine.
L’idea nasce da un problema reale: le mucche stressate producono meno latte. Condizioni ambientali sfavorevoli, spazi ristretti, rumore e mancanza di stimoli naturali possono ridurre la produzione e incidere sulla salute degli animali.
Così, nel 2019, un allevamento nella regione di Mosca ha avviato un esperimento fuori dal comune: dotare i bovini di visori VR personalizzati, in grado di proiettare davanti ai loro occhi distese verdi e cieli azzurri, con l’intento di “ingannare” la mente e rilassare il corpo.
No, non erano semplici visori da gaming riadattati. I dispositivi sono stati progettati in collaborazione con veterinari e programmatori, tenendo conto della visione cromatica dei bovini, diversa dalla nostra. Le mucche vedono meno sfumature di rosso e percepiscono meglio i toni freddi come il blu e il verde.
I visori mostravano paesaggi sereni, tipici di una giornata estiva in un pascolo tranquillo. L’obiettivo era creare una simulazione visiva immersiva, capace di influenzare positivamente il comportamento animale.
Secondo quanto riportato nel comunicato del Ministero dell'Agricoltura russo, le mucche sembravano reagire bene all’esperimento: meno agitazione, maggiore socialità e – in alcuni casi – una lieve crescita nella produzione di latte.
Non esistono però pubblicazioni scientifiche formali su questo studio, né dati validati in ambito accademico. Ciò ha portato molti esperti a interrogarsi sull’effettiva efficacia e affidabilità del test.
L'esperimento, al di là della sua eccentricità, solleva una questione etica importante: è giusto usare la tecnologia per “mascherare” una condizione innaturale anziché migliorarla realmente?
Se l’allevamento intensivo genera stress e malessere, la soluzione può davvero essere una realtà simulata, o è solo un cerotto su una ferita più grande?
In molti hanno paragonato questa situazione a una distopia moderna: mucche che “vivono felici” solo nella loro mente, mentre attorno tutto resta grigio e artificiale. Un po’ come una versione animale del film Matrix.
Nel mondo dell’agricoltura etica e della zootecnia rigenerativa, si stanno sviluppando soluzioni molto diverse:
In questo contesto, l’uso della realtà virtuale potrebbe sembrare più una provocazione che una vera innovazione.
Non sorprende che la notizia abbia fatto il giro del mondo: siti di tecnologia, scienza e curiosità si sono scatenati. Alcuni hanno lodato la creatività dell’approccio, altri l’hanno duramente criticato come esempio estremo di “tecnologia applicata male”.
Il dibattito resta aperto: la realtà virtuale può davvero avere un ruolo nel benessere animale, o stiamo solo cercando scorciatoie digitali a problemi reali?
Alla fine, questa vicenda ci invita a guardare più da vicino le contraddizioni tra innovazione e sostenibilità.
È giusto applicare soluzioni high-tech se non affrontano la causa del problema?
Possiamo davvero parlare di progresso, se serve una simulazione per rendere vivibile l’allevamento?
Le mucche con il visore VR, per quanto strane, ci ricordano che la tecnologia non è neutra: può essere usata per migliorare o per mascherare. Sta a noi decidere quale direzione prendere.
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