Ogni prodotto racconta una storia. Ma quanto ne sappiamo davvero? Da dove proviene, chi lo ha realizzato, in quali condizioni? Oggi più che mai, la trasparenza nella filiera è diventata un diritto del consumatore e una responsabilità per le imprese. In questo contesto, la blockchain si sta affermando come tecnologia chiave per costruire fiducia e responsabilità lungo l’intera filiera.
Nata come infrastruttura per le criptovalute, la blockchain è oggi al centro di una rivoluzione più ampia. Si tratta di un registro digitale distribuito, accessibile e immutabile, che consente di registrare e verificare dati senza necessità di intermediari. Ogni operazione è tracciata, verificabile e non modificabile: caratteristiche che la rendono particolarmente utile per la gestione di filiere complesse.
Nel settore agroalimentare, dove le filiere sono spesso lunghe e articolate, la blockchain permette di ricostruire con precisione la storia di un prodotto, dalla materia prima al punto vendita. È il caso di IBM Food Trust, una piattaforma sviluppata da IBM in collaborazione con aziende come Walmart e Nestlé, che consente di risalire all’origine di un alimento in pochi secondi, verificandone anche trasporto, conservazione e lavorazione. Questo migliora la sicurezza alimentare e promuove il rispetto di standard ecologici e sociali.
Anche nel mondo della moda, la blockchain sta contribuendo a rendere visibili e verificabili aspetti prima invisibili, come il rispetto dei diritti dei lavoratori o la sostenibilità dei materiali. Start-up come Provenance e Arianee stanno creando veri e propri passaporti digitali per i capi d’abbigliamento, accessibili tramite QR code o app dedicate, che raccontano l’intera storia del prodotto.
La blockchain non si limita a registrare informazioni: può anche incentivare pratiche sostenibili. Alcuni progetti sperimentano l’uso di token digitali come ricompensa per agricoltori o aziende che adottano metodi di produzione rigenerativa o a basso impatto. La tracciabilità, in questo caso, diventa un veicolo di premialità e cambiamento culturale.
Un altro grande vantaggio della blockchain è la sua resistenza alla manipolazione. Una volta inserita una transazione nella catena, modificarla è praticamente impossibile senza il consenso della rete. Questo la rende uno strumento efficace per combattere il greenwashing, ovvero la diffusione di informazioni ambientali false o fuorvianti.
Nonostante il suo potenziale, la diffusione della blockchain deve affrontare ostacoli concreti. Tra questi: la scalabilità dei sistemi, il consumo energetico (specie nei meccanismi di validazione come il proof-of-work) e la mancanza di standard comuni tra gli attori delle filiere. Tuttavia, soluzioni come le blockchain permissioned (a cui accedono solo soggetti autorizzati) e sistemi di validazione più efficienti stanno aprendo la strada a un utilizzo più sostenibile.
Anche le istituzioni riconoscono il valore della blockchain per la transizione ecologica. L’Unione Europea, con il Green Deal e il Digital Services Act, sta investendo in progetti che integrano questa tecnologia per garantire trasparenza, responsabilità e tracciabilità in diversi settori, incluso quello energetico. In questo ambito, ad esempio, si sta sperimentando l’uso della blockchain per gestire reti di distribuzione decentralizzate, incentivandola produzione da fonti rinnovabili e lo scambio peer-to-peer di energia.
La blockchain potrebbe presto diventare uno standard globale per garantire filiere etiche e trasparenti, dall’agricoltura alla moda, dall’energia all’elettronica. Il suo vero potere non sta solo nella tracciabilità dei dati, ma nella capacità di responsabilizzare ogni attore della catena e valorizzare i comportamenti virtuosi.
In un mondo che non può più permettersi ambiguità sulla sostenibilità, la blockchain non è solo uno strumento tecnico, ma una leva di fiducia e cambiamento sistemico.
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