Ecologia della pace: un’agenda politica per il futuro

Giulia Tripaldi
May 6, 2025
5 min read

Quando si parla di pace, si pensa spesso a trattati, diplomazia, eserciti che depongono le armi. Raramente si pensa al suolo sotto i piedi, alla qualità dell’aria, al ciclo dell’acqua. Eppure, c’è un legame profondo – e spesso trascurato – tra il modo in cui trattiamo il pianeta e la possibilità di costruire relazioni pacifiche, stabili, giuste.

La terra, i semi, gli alberi, i fiumi non sono solo risorse: sono infrastrutture di convivenza. Dove l’ambiente è devastato, nascono conflitti. Dove la terra è fertile e condivisa, si aprono possibilità di cooperazione. Ma questo sguardo ecologico sulla pace è ancora marginale nelle agende politiche dominanti, che continuano a separare la tutela ambientale dalla sicurezza globale.

Le crisi ecologiche contemporanee– dal cambiamento climatico all’esaurimento delle risorse – non sono solo minacce naturali. Sono anche fattori scatenanti di migrazioni, disuguaglianze, tensioni sociali. La pace, per essere autentica e duratura, non può più essere pensata come semplice assenza di guerra: deve diventare una condizione ecologica.

In questo scenario, la proposta di un’ecologia della pace non è solo poetica: è profondamente politica. Significa riscrivere l’agenda globale mettendo al centro la cura, la reciprocità, e la giustizia ambientale. Una visione condivisa da pensatori come Vandana Shiva e Johan Galtung, che ci invitano a riconoscere nel legame con la Terra le radici di una pace duratura.

Dalla violenza ambientale alla pace ecologica

Nel modello dominante di sviluppo estrattivo, le foreste vengono abbattute per estrarre minerali, i fiumi inquinati per mantenere le filiere produttive, le terre sottratte alle comunità locali per produrre monocolture o biocarburanti. Questa violenza ambientale ha conseguenze profonde: distrugge ecosistemi, ma anche economie tradizionali, culture, legami sociali.

Secondo la visione di Vandana Shiva, la giustizia ecologica è il primo passo verso un’economia della pace: un’economia fondata sulla biodiversità, sulla cura del suolo, sulla conoscenza locale. Per Galtung, invece, la vera pace è quella "positiva", costruita sulle relazioni armoniose, sull'equità e sull'assenza di strutture oppressive – incluse quelle che sfruttano la natura.

In questo senso, un’agenda ecologica della pace parte dal riconoscere che il degrado ambientale è anche un problema di diritti umani. Chi paga il prezzo più alto della crisi climatica non sono i grandi inquinatori, ma le popolazioni indigene, le donne contadine, le comunità costiere. Proteggere l’ambiente, quindi, diventa una forma concreta di giustizia sociale.

Verso un’agenda politica rigenerativa

Costruire un futuro di pace ecologica richiede scelte politiche radicali, ma realizzabili. Alcuni punti chiave di questa agenda includono:

  • Sovranità alimentare: valorizzare l’agricoltura su piccola scala, basata su pratiche agro ecologiche e saperi locali, per garantire sicurezza alimentare e resilienza ai cambiamenti climatici.
  • Giustizia climatica: introdurre meccanismi globali che compensino chi subisce i danni ambientali senza averne causato le origini, e che impongano responsabilità reali ai grandi emettitori.
  • Protezione dei difensori della Terra: assicurare tutele legali e sociali a chi si oppone allo sfruttamento delle risorse naturali, spesso a rischio della propria vita.
  • Decolonizzazione ecologica: restituire autonomia e potere decisionale ai territori saccheggiati storicamente dal Nord globale, in un’ottica di riequilibrio planetario.
  • Cura come infrastruttura: ripensare le priorità economiche in favore della salute, dell’istruzione, dell’energia rinnovabile e della rigenerazione ambientale.

Un solo modello è possibile ovunque?

Parlare di "modelli" può essere fuorviante, soprattutto quando si tratta di realtà complesse e profondamente diverse tra loro. L’approccio proposto da Vandana Shiva nasce in India, in un contesto rurale, segnato da un passato coloniale e da una forte connessione comunitaria con la terra. Non è un modello da copiare in blocco. Ma è una visione che può ispirare trasformazioni ovunque, a patto di tener conto dei contesti specifici.

In Europa, ad esempio, il rapporto con l’ambiente è spesso mediato da infrastrutture, filiere globali, e una cultura politica molto diversa. Eppure, anche qui si fanno strada crisi simili: abbandono delle aree rurali, degrado ambientale, insicurezza alimentare, senso di distanza dalla natura. Parlare di ecologia della pace in Europa non significa replicare un modello indiano, ma rileggere la nostra realtà con uno sguardo nuovo: cosa vuol dire prendersi cura del territorio? Come possiamo restituire alle comunità voce e potere decisionale? Quali priorità politiche mettiamo al centro?

Esperienze come Friburgo in Germania o il municipalismo femminista ed ecologista di Barcellona ci mostrano che trasformazioni sono possibili, ma richiedono volontà politica, partecipazione e soprattutto una nuova narrazione del benessere. Serve passare da un’economia della competizione a una della cooperazione, e da una politica dell’emergenza a una politica della rigenerazione. Non ci sono formule preconfezionate: ci sono scelte da fare –ogni giorno – a partire da dove siamo.

Coltivare un altro mondo possibile

Quella che può sembrare un’utopia, in realtà sta già prendendo forma. In molte regioni del mondo, reti di comunità stanno praticando un altro modello di sviluppo: basato sulla cura reciproca, sulla decrescita felice, sulla cooperazione tra popoli e con la natura. Dall’America Latina all’Asia meridionale, esperienze come il Buen Vivir, i movimenti agro ecologici, i trattati per i diritti ambientali aprono spazi concreti di cambiamento.

L’ecologia della pace non è un lusso per tempi migliori, ma una necessità urgente. È un invito a ripensare tutto: il modo in cui produciamo, consumiamo, ci relazioniamo. È un’agenda politica che nasce dalla terra, ma guarda alle stelle: a un futuro in cui il rispetto della vita – in tutte le sue forme – sia il vero fondamento della sicurezza globale.

Fonti

·      Navdanya International https://www.navdanya.org/

Giulia Tripaldi
May 6, 2025
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